“Biella al Centro” chiede conto al sindaco Corradino della “diaspora” dei partners dall’Associazione Città Creativa UNESCO

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Dopo il comunicato stampa del Partito Democratico, arriva il primo atto ufficiale relativo alla prematura implosione dell’Associazione Biella Città Creativa UNESCO. Nel capoluogo provinciale il malcontento è palpabile, e tra i banchi dell’opposizione, oltre ad un sincero sbigottimento, c’è anche la paura di perdere un treno sul quale si era appena saliti. Sì, perché il riconoscimento non è scolpito sulla pietra come le Leggi delle XII tavole, ma è piuttosto sub iudice, nel senso che ogni quattro anni dev’essere confermato, o revocato.

L’interrogazione a risposta orale depositata all’Ufficio protocollo di Palazzo Oropa dalle liste civiche “Biella al Centro” muove ovviamente dagli stessi presupposti che animano il dibattito (anche social) sulla questione: i partners usciti dal sodalizio hanno lamentato nei confronti dell’Amministrazione Corradino l’assunzione di “decisioni unilaterali del Comune di Biella” tanto da far ritenere ai suddetti enti “non più necessaria la loro funzione all’interno dell’Associazione”.

Nell’articolo pubblicato stamattina, abbiamo parlato della goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma evidentemente i contrasti e le dissonanze all’interno dell’Associazione erano risalenti. Strano, per un sodalizio poco più che neo nato… Meno strano nel momento stesso in cui si realizza che c’è di mezzo Re Claudio con la sua allegra brigata.

Ora i consiglieri comunali di Biella al Centro chiedono giustamente conto dell’accaduto. Nello specifico, Dino Gentile, Pietro Barrasso, Federico Maio, Sara Gentile, Paolo Robazza e Andrea Foglio Bonda “interrogano” il sindaco per sapere, in primis, quali siano le vere ragione che hanno portato alla diaspora degli enti parteners, poi, per capire quale sia il destino di Biella Città Creativa UNESCO; e ancora, quali siano le concrete ricadute di cui abbia beneficiato il territorio biellese grazie ai riconoscimenti di Città Creativa UNESCO e di Città Alpina, infine per avere garanzie sul fatto che le “etichette” di cui poc’anzi “non si esauriscano in meri convegni o in piacevoli viaggi in qualche località amena ma si traducano in attività operativa mirata alla possibilità di creare economie reali a beneficio del territorio, passando finalmente dalle parole – altrimenti chiacchiere – ai fatti”.

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