Perché non siamo in grado di assumerci le nostre responsabilità e di fare ammenda? Basterebbe davvero poco…

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Tutti commettiamo degli errori, chi più chi meno. Per fortuna, nessuno è perfetto. Si diceva che la perfezione non è di questo mondo… Quindi, secondo noi, il problema non è sbagliare, succede, siamo umani. Piuttosto, assumersi la paternità degli errori commessi e – udite udite! – chiedere scusa, è il vero nocciolo della questione.

E invece no, perché ammettere i propri errori e (non sia mai detto!) chiedere scusa, nella società degradata e disagiata in cui siamo costretti spesso nostro malgrado a vivere, ammettere un passo falso e scusarsi per averlo compiuto, quel passo, è roba da deboli… Sono sempre gli altri a sbagliare. Semplice, no?

NO.

Vale per tutti. Quello della mancata assunzione di responsabilità è un problema assolutamente trasversale. Di più: culturale.

Crediamo, viceversa, che ammettere i propri errori e avere il coraggio di fare pubblica ammenda sia invece sinonimo, oltre che di onestà intellettuale, di grande intelligenza. Per intenderci: così come sono in grado di riconoscere i miei meriti, quando ci sono, parimenti sono in grado di riconoscere i miei demeriti, quando ci sono.

Tutto molto semplice, quasi lineare. Incredibile, vero!?!?

Basterebbe così poco, a volte, per troncare sul nascere discussioni e fraintendimenti che, al contrario, si possono trascinare per anni e lasciare segni profondi. Come nel caso della lettera che riportiamo qui sotto.

Enrico Rufi è un collega, giornalista di Radio Radicale, che ha il solo “demerito” di aver scritto un libro sulla storia di sua figlia Susanna, prematuramente scomparsa al rientro dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia (26-31 luglio 2016).

Leggendo il testo di un padre che ogni giorno “porta la sua croce”, ogni lettore, sulla scorta della propria sensibilità, potrà decidere dove sta il torto e dove la ragione. Senza falsi moralismi.

Gentile direttore,
Le scrivo dopo aver preso atto con stupore che a guidare “Il Biellese” ci sia ancora Manuela Colmelet, a un anno esatto di distanza da un incredibile episodio di censura di cui lei fu protagonista. Lascio giudicare ai Suoi lettori, direttore, se non ho motivo di rimanere allibito scoprendo che nonostante quella scelta sciagurata la signora Colmelet è sempre lì a dirigere uno dei principali giornali diocesani d’Italia.

Io sono il padre di Susanna, la ragazza romana neppure diciannovenne che non tornò dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia nell’estate del 2016, fulminata sulla via del ritorno, a Vienna, da una meningite fulminante. Per lei, e in vista del Sinodo sui giovani, ho scritto un libro edito l’anno scorso dalle edizioni San Paolo, “L’alleluja di Susanna”. 

Per parlarne ero stato invitato a Cerrione dall’Associazione “Piccolo Fiore” e dalla “Domus Laetitiae”. Qualche giorno prima, in vista dell’incontro, fui contattato dal “Biellese” per un’intervista. Un’intervista che però, arrivato a Biella, andato in edicola, non trovai sfogliando il giornale.

Al “Biellese” provarono dapprima a dare la colpa al cinquantennale dell’alluvione del ’68 e alla visita del presidente Mattarella, ma poi, avendo io fatto notare che il cinquantennale di quella sciagura era prevedibile da cinquant’anni, che il giornale aveva 56 pagine e che solo una quel giorno era stata dedicata alla ricorrenza della sciagura, e che erano stati loro a chiedermi l’intervista, dovettero ammettere che effettivamente non di un problema di spazio si trattava, ma di contenuti.

«Finché sarò io a dirigere ”Il Biellese” cose del genere non si vedranno mai» mi sentii dire, allibito, dalla signora Colmelet, che in particolare, pare, non aveva digerito che mia figlia pensasse che l’aborto si combatte meglio legalizzandolo che clandestinizzandolo. 

A niente servì farle notare che tutto quello che avevo detto, anzi scritto nell’intervista lo avevo preso dal libro, quasi un copia/incolla, e che tutto quello che era scritto nel libro aveva l’imprimatur della Conferenza Episcopale Italiana, anzi del suo presidente in persona, il cardinal Gualtiero Bassetti. Il quale firma una prefazione in cui si legge che quelle pagine sono «destinate a tutti», che la storia di mia figlia Susanna è «un exemplum dei nostri giorni», «un moderno inno alla fede e di fede». «L’alleluja di Susanna diventerà un canto giovanile alla speranza», aggiunge, se non bastasse, padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese, nella postfazione.

Apprese con molto imbarazzo questo episodio il vescovo di Biella, don Roberto Farinella (conservo ancora la sua lunga, commovente e affettuosa lettera), tanto più che a peggiorare la situazione ci si era messo pure il suo vicario, don Paolo Boffa Sandalina, che aveva pensato bene di approvare la censura della signora Colmelet. 

Le censure sono sempre imbarazzanti, ma la censura da parte di un giornale diocesano ai danni del presidente della CEI, oltre che di una giovane testimonial di papa Francesco è scandalosa e autolesionista, non trova, direttore?

Enrico Rufi

 

 

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