Economia. Ormezzano, vice presidente UIB: “Occorre adeguare il peso della busta paga, ma il salario minimo non è la soluzione”

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente l’interessante punto di vista sul tema del salario minimo garantito di Giancarlo Ormezzano, vice presidente dell’Unione Industriale Biellese.

L’introduzione di un salario minimo legale nel nostro Paese è certamente uno dei temi più significativi del dibattito sul mercato del lavoro degli ultimi anni. L’aumento dell’inflazione, la perdita di potere d’acquisto da parte delle famiglie, i rincari delle bollette di gas e energia sono tutti fattori che contribuiscono a aumentare l’attenzione su quanto “pesa” la busta paga dei lavoratori. 

Giancarlo Ormezzano

Intanto, è bene ricordare che la regolamentazione dei minimi salariali in Italia, è una funzione svolta storicamente dai contratti collettivi nazionali di categoria. Con riferimento alla recente Direttiva europea relativa a salari minimi adeguati nell’UE, il nostro Paese è considerato già in linea con il tasso di copertura della contrattazione collettiva ivi previsto (è applicato dunque a non meno dell’80% delle imprese).

Entrando nel merito, la soglia del salario minimo dei 9 euro orari, prevista dai vari disegni di legge presentati, è in generale superata dai principali contratti collettivi nazionali di categoria che vengono applicati dalle aziende industriali biellesi.

Ad esempio, nel caso del Ccnl per gli addetti del settore tessile abbigliamento, se per 9 euro/ora si intende un salario/stipendio minimo mensile lordo di euro 1.557 (9 euro x 173 ore/mese), si può affermare che per tutti i livelli contrattuali, con l’unica eccezione del 1° livello (cioè il livello retributivo più basso riservato a mansioni semplici e non qualificate, ad esempio addetti alle pulizie), tale soglia è ampiamente superata (ad esempio già per il 2° livello il salario/stipendio minimo mensile lordo di euro 1.658).

Analogamente, per il settore metalmeccanico dove al livello più basso (D1) corrisponde un salario/stipendio minimo mensile lordo di euro 1.609. Invece per il settore chimico si sale a 1.638 euro.

Detto ciò, va ricordato che le garanzie e le tutele offerte al lavoratore dai Ccnl sono ben più estese del mero trattamento economico minimo. I premi di produzione sono un esempio, così come gli accordi integrativi aziendali, sempre più diffusi, che prevedono iniziative di welfare a beneficio delle persone che lavorano nelle imprese biellesi, dai fringe benefit all’assistenza sanitaria integrativa.

Ritengo inoltre che per dare maggiore forza alla contrattazione collettiva, per risolvere la questione del lavoro povero e il fenomeno della concorrenza contrattuale sleale con i cosiddetti “contratti pirata”, la mera introduzione di un salario minimo legale non basta.

Il ragionamento va allargato prima di tutto alla definizione di criteri che selezionino, in modo oggettivo e verificabile, il contratto di riferimento per ogni settore (attualmente esistono più contratti collettivi per chi lavora in uno stesso settore) e, di conseguenza, alla misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali, individuando quelle che siano effettivamente rappresentative.

Infine penso che tutti siano d’accordo nell’aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, prima di tutto per una questione sociale, di valore del lavoro e dignità delle persone; in secondo luogo anche per una questione economica perché senza consumi si rischia il blocco dell’economia o addirittura la stagflazione.

La vera questione è come farlo, quali siano gli strumenti più efficaci per rendere più “pesanti” le buste paga delle persone e sostenere la competitività delle imprese. Da questo punto di vista, da tempo Confindustria chiede una riduzione del cuneo fiscale e contributivo per avvicinare il costo del lavoro in Italia alle media OCSE e aumentare il potere d’acquisto delle persone.

Giancarlo Ormezzano, vice presidente Unione Industriale Biellese

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