Biella. Al cinema è arrivato… quer pasticciaccio brutto di Captain Marvel

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È difficile scrivere la recensione di un film senza rivelare troppo della trama, soprattutto per il
concetto piuttosto rigido che hanno certi spettatori di “spoiler”. In questo caso però la
faccenda è più facile del previsto, dal momento che è quasi impossibile capire dove questa
pellicola voglia andare a parare. Ecco perché: Captain Marvel è il 21esimo film del MCU, uno dei più attesi per la portata degli eventi a cui si allaccia.

L’ultima volta che abbiamo visto i supereroi della Casa delle Idee, infatti, l’intero universo era stato dimezzato dallo schiocco di dita di Thanos, il cattivo più temibile di sempre, e solo l’intervento della formidabile eroina galattica avrebbe potuto rimettere le cose a posto. Una tale attesa può, alle volte, essere controproducente in realtà, se consideriamo le aspettative che possono venire a crearsi attorno a un film: siamo disposti a perdonare un Ant-man mediocre (anche se non lo è stato affatto), ma non di certo un Captain Marvel mediocre. E Captain Marvel, ahimè, lo è stato.

Fin dai primi fotogrammi, pare che gli sceneggiatori vogliano confonderci le idee, presentandoci un personaggio etereo, sfuggente. Carol Danvers è tormentata dai sogni di un passato che sembra non appartenerle, mentre deve addestrarsi in un mondo alieno per un’importante missione di cui sa poco o nulla. Sarebbe pure un buon ghost (una faccenda in sospeso, detto volgarmente), se durasse appena più di trenta secondi. Quella che dovrebbe essere una delle caratteristiche principali del personaggio passa infatti in cavalleria e lascia il posto alla sua nuova vita da aliena.

Carol non pare particolarmente provata da questa condizione, o almeno non come ci aspetteremmo. Ciò che sfugge a molti registi e scrittori è che i protagonisti delle storie vivono, hanno bisogno di spessore, di
materiale; il loro ossigeno sono gli elementi che si aggiungono alla figura: non possono consegnarci una bozza di sceneggiatura e sperare che ci basti per vivere una storia. Eppure è quello che è successo qui.

Gli elementi di Carol tornano a sprazzi durante il film, come un’etichetta che dobbiamo riattaccare di continuo, o come una voce fuori campo che ci ricorda di cosa si sta parlando solo a momenti. Un’altra problematica che la affligge sono le emozioni, un altro ghost contro cui dovrebbe combattere per riuscire ad essere l’eroina di cui i Kree hanno bisogno.

Potrebbe sembrare banale la conclusione che in realtà le emozioni sono una risorsa e via dicendo, se solo
queste ci fossero nel film. Come per il passato tormentato, le emozioni sono infatti qualcosa che come è apparso, scompare subito dopo, stavolta senza lasciare traccia. Ci aspetteremmo a un certo punto un qualche tipo di presa di coscienza o qualcosa del genere; invece niente, non se ne fa più menzione. Persino il rapporto con il suo maestro si rivela un’occasione sprecata, quando verso la fine prende una svolta interessantissima, rovinata però dall’assoluta banalità del personaggio interpretato da Jude Law. Al pubblico femminile restano solo i suoi occhi di ghiaccio.

Ma è sul finale che ci viene dato il pugno nello stomaco più grande, quando salta fuori una sorta di consapevolezza nuova riguardo al fatto di essere umana e dunque sempre disposta a rialzarsi nonostante i propri limiti. Il che sarebbe pure accattivante e acuto, se solo se ne fosse mai parlato prima. Non c’è traccia in tutto il film di un momento in cui Carol abbia questo problema. Anzi, il suo è il ritratto di una donna che non si arrende, una tipa tosta, non una che deve imparare a rialzarsi. È una svolta forzatissima, ingiustificata, come il frutto di una scommessa persa.

Di pregevole rimangono gli effetti speciali, la colonna sonora (che però sono una garanzia della Marvel ed escono ormai da qualunque tipo di valutazione) e le gag in salsa Disney (qui quasi al limite dello stucchevole, ma ancora godibili). L’impressione complessiva che si ha è che sia stato fatto tutto in gran fretta e in maniera decisamente confusionaria. Forse ci si sono messe troppe teste, che hanno dovuto scendere a troppi compromessi. O forse si sperava che accennare a qualche topos letterario
bastasse a creare una storia interessante. Ma, come già detto, non basta buttare giù due idee per fare un buon film.

In conclusione, se Captain Marvel coi suoi poteri brilla di luce propria, non si può dire lo stesso del film, che sopravvive solo grazie all’universo letterario e cinematografico che ha alle spalle. Questo è in buona sostanza un film che completa la trama complessiva di tutti gli altri, ma che come pellicola singola non riguarderei troppo volentieri.

Edoardo Dantonia

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