Paolo Furia e le parole chiave della #FEELosophia: l’essere

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Spesso si pensa al filosofo come a un tizio distratto, con la testa tra le nuvole, che non presta attenzione alle cose di tutti i giorni, essendo tutto intento alla ricerca dell’essere. Dietro a questa immagine ironica si nasconde, in effetti, qualcosa di interessante.

La filosofia, intesa come sforzo per il raggiungimento di un sapere più certo e più progredito di quello già acquisito dalla tradizione, e persino dalla scienza ha di mira da sempre il superamento delle apparenze.

Obiettivo: cogliere la realtà per quella che effettivamente è, senza più veli o distorsioni dovute ad una percezione sbagliata, ad una opinione malferma o ad una visione condizionata. Ed è sin da subito chiaro che non si tratta di un obiettivo semplice da raggiungere, dal momento che la realtà si mostra spesso, ai nostri occhi illusi, diversa da come è, equivoca, menzognera, velata.

Generalmente, quando si pensa all’essere dei filosofi, si pensa a qualcosa di misterioso o di esoterico. In effetti, il più delle volte, l’essere che i filosofi vanno cercando è semplicemente la verità, in un mondo pieno di inganni e distorsioni.

Dunque, è dal compito stesso della filosofia che possiamo dedurre alcuni attributi assolutamente generali dell’essere, perlomeno secondo il punto di vista dei primi pensatori:

  • L’essere vero è stabile, mentre le cose di tutti i giorni sono mutevoli, cambiano, si generano e si corrompono;

  • l’essere vero è profondo, mentre le cose di tutti i giorni sono superficiali (nel senso che stanno in superficie, quindi possono essere viste da tutti, ma per questo sono anche le più banali);

  • l’essere vero è unico, mentre le cose di tutti giorni sono tantissime, e ora sono, ora non sono più;

  • l’essere vero è sostanza, mentre le cose di tutti giorni sono apparenza e inessenzialità.

Il primo filosofo a sviluppare in maniera rigorosa queste idee fu Parmenide, la cui più nota sentenza è: “L’essere è, e non può non essere”. Il che significa anche che tutto ciò che prima è e poi non è, tutto ciò che è una cosa ma non un’altra, insomma praticamente tutto ciò che esiste, in realtà si muove tra l’essere e il non essere e, come tale, non è vero essere!

Per trovare il vero essere, secondo Parmenide, bisogna dunque andare oltre le cose della vita di tutti i giorni e dedicarsi al puro pensiero, capace esso solo di concepire una tale stabilità e fissità dell’essere contro il mutamento della realtà.

Ed è anche un po’ a causa di questo antico punto di partenza della filosofia, così contemplativo e poco mondano, che abbiamo tuttora lo stereotipo di un filosofo lontano dalle cose della vita. Ma quell’antico punto di partenza, così severo con la caducità, la molteplicità e la varietà del mondo e delle sue immagini, è stato superato da molto tempo.

La questione, subito dopo Parmenide, è diventata quella di capire come, tra questo essere vero, stabile, profondo, unico e sostanziale e la realtà nelle sue molteplici manifestazioni, sussista un rapporto, una relazione, e non solo una frattura. Siamo sempre nel mezzo di essere e non essere, terra e cielo, verità e apparenza: la filosofia è un modo per danzare, con la mente, in questi intervalli.

Paolo Furia

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