Una pillola di #FEELosophia con Paolo Furia, la keyword di oggi è… “Bene”

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La coppia bene/male è sicuramente tra le più impiegate nel linguaggio quotidiano. Una larga parte dei nostri giudizi sulla realtà che ci circonda ruotano intorno a questo binomio. Incontriamo il termine “bene” in espressioni le più diverse.

Posso stare bene in un luogo, stare bene con me stesso, voler bene a qualcuno, fare bene una cosa, cercare di comportarmi bene, rinunciare a un bene minore per un bene più grande, lottare per il bene, etc. Altrettanto si può dire, ovviamente, per il male.

Siamo anche stati abituati a vedere in qualche modo il bene e il male come due forze schierate l’una contro l’altra. L’immaginario narrativo, romanzesco, cinematografico ci ha assuefatto alla logica della guerra del bene contro il male, come nelle storie in cui le armate del bene, o “i buoni”, fronteggiano i cattivi, normalmente anche brutti.

Proprio nella letteratura romanzesca incontriamo anche più sfumate valutazioni di che cosa sia il bene e il male. Se ne “Il Signore degli Anelli”, per esempio, è molto chiaro chi siano i buoni e chi i cattivi, è anche vero che il male non è solo qualcosa di estraneo al bene e da questo frontalmente osteggiato, in quanto si insinua tra le pieghe delle esistenze dei buoni e li seduce.

In “Harry Potter”, per esempio, pure i buoni, libro dopo libro, rivelano lati “non buoni”. Gli eserciti della luce contro quelli della notte sfumano i loro confini. Male e bene tendono a intricarsi nelle forme più impensabili e inattese.

I filosofi sono da sempre consapevoli che la vita umana è come un’arena, dove il bene e il male continuano a fronteggiarsi e a mescolarsi fino al punto di diventare irriconoscibili. Per questo si sono sin da subito posti la domanda: che cosa è il bene davvero? Come possiamo distinguerlo dal male? Per chi cerca la verità, il problema del bene (del bene “vero”) non può che essere tra i più sentiti. Ma cosa significa, più propriamente, il termine bene?

In linea generale possiamo distinguere due significati:

  1. il bene è ciò cui gli uomini aspirano, per essere felici. Tutti gli oggetti, materiali o immateriali, che danno agli uomini qualche elemento di soddisfazione sono in effetti definiti “beni” anche nel linguaggio comune. La domanda filosofica che ci si pone di norma a questo punto è se il bene, cioè ciò che rende felice l’uomo, sia lo stesso per tutti oppure diverso per ciascuno. Esiste un bene supremo? Oppure esistono tanti tipi diversi di beni, inerenti alle diverse sfere della nostra vita, e soprattutto variabili a seconda delle aspirazioni, dei gusti e delle opinioni di ciascuno? Se ci pensiamo, è lo stesso problema della verità: esiste qualcosa di vero per tutti, oppure la verità dipende sempre da come uno la guarda? Ciò che “fa bene”, può essere discusso oppure no?
  2. Il bene è ciò viene fatto, eseguito e prodotto “a regola d’arte”. In questo caso, bene significa correttamente, secondo una regola giusta, che funziona. La questione filosofica che qui si pone è la seguente: ci sono regole che valgono una volta per tutte per definire buona e ben riuscita un’azione? Si pensi a un piatto di pasta ben cucinato. Tutti ne abbiamo un’idea abbastanza intuitiva: condividiamo, senza nemmeno bisogno di discuterlo, un criterio secondo il quale troppa cottura fa male alla pasta e troppo poca la mantiene addirittura in stato non edibile. Tuttavia esiste una variabilità soggettiva, o persino culturale, che spinge ad esempio a considerare migliore la cottura al dente rispetto a quella ben cotta per alcuni, oppure il contrario per altri.

La filosofia moderna tende a distinguere il primo significato dal secondo, attribuendo al primo una valenza etica e al secondo una valenza estetica. Etica è, in generale, ciò che riguarda il bene (di un individuo, di una comunità); estetica è, invece, la branca della filosofia che tra le altre cose si occupa dell’arte e della sua produzione. Sia l’etica che l’estetica sono distinte dalla teoretica, che si occupa dei grandi problemi teorici (primo tra tutti quello della verità, dello statuto del pensiero e della razionalità, della realtà e dell’essere).

In passato queste distinzioni erano meno precise. Secondo Platone, per esempio, la ricerca della verità culmina nel raggiungimento del “Bene Supremo”: la fonte di tutto ciò che è massimamente vero, buono e giusto, che come un sole irradia di sé tutta la realtà facendola essere e risplendere nella sua varietà. Anche questo pensiero platonico, risalente al V secolo prima di Cristo, non è del tutto svanito.

Paolo Furia

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