Le dimissioni del consigliere Franco Mino e i “suprematisti biellesi”, fenomenologia dei rosiconi da tastiera o della biellesità tradita

0

Dopo le dimissioni del consigliere comunale della Lega, Franco Mino, che evidentemente non ha ancora sufficientemente chiaro l’abc della storia del ‘900 (ma temiamo che anche andando più a ritroso le idee siano poche e confuse), il Gruppo consiliare del Partito Democratico Biellese ha chiesto, con una mozione, che venga scritto dai rappresentanti di tutte le forze politiche presenti a Palazzo Oropa un codice etico condiviso. Lo slogan, di assoluto buonsenso, è compendiabile come segue: “Scriviamolo insieme, ma che valga per tutti”.

Al di là dell’apprezzamento per il gesto, dal valore altamente simbolico, dei consiglieri comunali guidati da Valeria Varnero, rimaniamo scettici sulla validità dello strumento. Certo, chi occupa i banchi (facciamo difficoltà a definirli, come fanno, altri “scranni”) di Palazzo Oropa dovrebbe dare l’esempio. Lo sa molto bene l’assessore al Bilancio, Silvio Tosi: da mesi va ripetendo come un mantra che lui amministra le casse dell’ente “come un buon padre di famiglia”.

Evidentemente, il senso profondo della perifrasi “buon padre di famiglia” non è apodittico. Sarebbe da semplificare, sminuzzare, parcellizzare, decodificare in modo che sia intellegibile a tutti i rappresentanti dell’Amministrazione Corradino. Forse in questo modo ognuno di loro riuscirà, non diciamo a comprenderne, ma quanto meno ad intravvederne un significato meno “sibillino” e alla portata.

Ma non illudiamoci. I rappresentanti eletti dal popolo non sono altro che lo specchio fedele della società in cui viviamo. Ci si conceda la frase fatta, anche perché, ahinoi, è tanto, troppo vera. A Biella come a Cogoleto (Genova), per restare ai recenti avvenimenti che hanno infettato una data simbolo, quella del 27 gennaio, Giorno della Memoria.

Sottotraccia continua a bollire quel sentimento brutto e nero di superiorità di qualcuno nei confronti di altri. Basta perdere un po’ di tempo per leggere i commenti, che abbondano, sulla cloaca a cielo aperto dei social network, soprattutto Facebook. Certo, la pandemia da SARS-CoV-2 ha ulteriormente acuito il problema, portando a galla rabbia, malcontento, pochezza culturale (anzi, pre-culturale), perfino crassa ignoranza.

E il consueto, mai sopito razzismo, che la destra italiana, peraltro, non fa altro che fomentare.

Nei giorni scorsi, il solito pessimo, stucchevole coro di “suprematisti biellesi” si è alzato, tanto per cambiare (ché non hanno nemmeno un minimo di fantasia), contro il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, la cui poltrona, secondo un giornale locale, ma non solo, in vista di un possibile e probabile “rimpasto di governo” sarebbe traballante.

Ebbene, per gli illuminati alfieri della “razza biellese” il giornalista avrebbe commesso un marchiano errore definendo “biellese” Lucia Azzolina.

Eresia! Non sia mai detto. “Biellese quella???” con trentotto punti interrogativi è stato il commento meno offensivo all’indirizzo del ministro di origini siciliane ma residente sul territorio ormai da diversi anni. Solo a leggere i cognomi dei sagaci commentatori da tastiera c’era da rifarsi gli occhi enumerando i campioni di certa biellesità tanto plutocratica quanto sfaccendata.

Niente, ai biellesi rode troppo che un Gilberto Pichetto, un Roberto Pella, un Andrea Delmastro non siano (ancora?) ascesi al soglio di qualche Ministero, mentre la terroncella salita al Nord con la valigia di cartone dal profondo Sud, con l’aggravante di essere stata eletta sotto le fetide insegne del M5S, possa dirigere un dicastero strategico come quello dell’Istruzione.

In definitiva, l’ex consigliere Mino è solo la punta dell’iceberg. Sotto di lui, ribolle un mefitico pensiero fascio-leghista che si pasce dei peggiori sentimenti, ma che come una brace non si è mai spento da quando negli anni ’70 si leggevano cartelli con su scritto “Non si affitta ai meridionali”.

Il mondo va avanti, la società evolve (o involve?) eppure a Biella tutto continua a cambiare per non cambiare… A Palazzo Oropa, ad esempio, la sequela di figuracce messe a segno dall’Amministrazione in carica continuerà con la stessa ineludibilità con cui il giorno segue alla notte.

Almeno fino a scadenza di mandato.

Condividi:

Commenti chiusi