Torino. Flashmob dei titolari di palestre e centri fitness: travestiti da fantasmi, perché si sentono invisibili

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Hanno manifestato silenziosamente nel centro di Torino coperti da un lenzuolo bianco. Come fantasmi, praticamente invisibili… Ectoplasmi. Sono i professionisti del fitness, titolari di palestre e strutture per il benessere psicofisico chiuse al pubblico ormai dal mese di ottobre.

Un flashmob assolutamente pacifico, il loro, nel pieno rispetto delle norme anti Covid, ma anche un potente segnale di espressione del profondo disagio che la categoria professionale ha voluto esprimere, facendolo emergere con questa protesta.

Tra gli imprenditori più penalizzati dalla pandemia, in molti (le stime raccontano di un 30-40%) rischiano non riaprire le loro palestre.

Dallo Stato qualcosa è arrivato – dicono – ma non basta, con quei soldi sono riusciti, a stento, a coprire qualche mese di affitto. E sono tutti in attesa di capire come, quando e se il governo sia disposto a sostenerli, ad ascoltare il loro grido d’allarme, ma intanto non possono lavorare, se non online con videolezioni e/o tutorial, per non perdere il contatto con la loro clientela.

Rivendicano, giustamente, anche un ruolo sociale importantissimo, al pari di qualsiasi altra attività sportiva, soprattutto quelle di base. Perché la palestra (o il centro fitness) non è solo allenamento fisico, ma anche luogo di socialità e svago.

Un mondo fatto di professionisti, ma anche di lavoratori alle loro dipendenze (oggi tutti in cassa integrazione). Perché, in ogni caso, parliamo di imprenditori del benessere. E anche nel Biellese non sono pochi.

Come tutti i loro colleghi soffrono pesantemente le restrizioni anti Covid e chiedono il perché di questa disparità di trattamento rispetto ad altre categorie professionali. D’altro canto, la maggior parte di loro si era già adeguata per tempo alle normative di sicurezza dopo il lockdown della primavera scorsa.

Forse, anche il destino di questa categoria professionale è appeso ad un filo. L’unica risposta valida ha un orizzonte temporale limitato: si gioca tutto sul filo della velocità, quella della campagna vaccinale e dei soldi in arrivo dall’Europa con il Recovery Fund.

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