Gli “Amici dell’Ospedale” donano alla Medicina Interna un nuovo FibroScan per “l’elastografia epatica”

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Con il contributo dell’Associazione Amici dell’Ospedale la Struttura Complessa di Medicina Interna oggi ha la possibilità di avvalersi di un nuovo strumento che pochi centri in Italia hanno a disposizione e che consente di effettuare un esame molto particolare, l’elastografia epatica: simile come modalità di esecuzione all’ecografia ma più approfondita e in grado in molti casi di sostituirsi alla biopsia del fegato.

Un dono nel segno dell’innovazione, perché permetterà ai professionisti di ampliare la gamma di applicazioni diagnostiche, e anche della continuità con il passato: un primo FibroScan era stato acquisito nel marzo del 2010 grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, che con lungimiranza aveva creduto e finanziato questo investimento nell’ambito della diagnosi avanzata del fegato in particolare per i pazienti affetti da epatite C.

Con il primo dispositivo, donato da Fondazione CR Biella, è stato possibile curare e guarire più di 700 biellesi dall’epatite C senza sottoporli a biopsia: un valore aggiunto non solo in termini di prestazioni invasive evitate, ma soprattutto in relazione ai benefici per la qualità di vita dei pazienti seguiti nel corso del tempo con monitoraggi periodici.

Un momento della conferenza stampa di stamattina

Che cos’è un’elastografia epatica? È un esame che dà la misura obiettiva e affidabile della fibrosi, che equivale a una misura del danno consolidato nel fegato, evitando ulteriori procedure come la biopsia, che sarebbe più impegnativo e doloroso per i pazienti ripetere in tempi ravvicinati. L’esame con il FibroScan può essere ripetuto perché rapido ed innocuo ed consente, durante il controllo di effettuare contestualmente la visita, l’ecografia e l’elastografia epatica, a vantaggio del benessere del paziente. Peculiarità che pochi centri in Italia possono vantare.

Attualmente il campo di applicazione si è ampliato sostanzialmente a tutte le patologie epatiche: malattie autoimmuni, epatopatie alcoliche, cirrosi, eccetera. L’esame si utilizza non solo per la diagnosi ma anche per il controllo nel tempo dell’andamento della malattia.

Con il tempo questa tecnologia si è evoluta: il nuovo FibroScan, del valore commerciale di circa 130mila euro, permette ora non solo la misura della “fibrosi” (gravità della malattia) epatica, ma anche la misura della “steatosi” epatica cioè dell’accumulo di grasso questo ha portato ad un ampliamento del campo di applicazione praticamente a tutte le patologie epatiche, sia nelle patologie da abuso di alcolici, sia nelle forme metaboliche come il diabete, le dislipidemie, il sovrappeso, portando ospedale di Biella ad allinearsi con i centri epatologici più avanzati a livello nazionale.

Con questo intervento, l’Associazione Amici dell’Ospedale ha permesso di dare continuità al livello tecnologico di questa diagnostica, acquisendo uno di questi apparecchi di ultima generazione, e contribuendo per buona parte della somma necessaria all’acquisto.

L’ASLBI insieme al reparto di Medicina Interna ha contribuito per circa il 40% grazie ad una somma ricevuta lo scorso anno, a seguito della vincita di un premio conferito ad un progetto che era stato candidato al concorso “Fellow-ship Italia 2021”. Il progetto multidisciplinare era stato realizzato in équipe dai professionisti dall’Ambulatorio Epatologico, del Serd e dell’Istituto Penitenziario di Biella.

Attualmente l’esame viene richiesto e prescritto dal medico specialista che fa la visita. In futuro si sta valutando anche di organizzare degli open day per i cittadini biellesi, al fine di individuare i soggetti asintomatici con patologie del fegato, ossia ancora allo stadio iniziale, in quanto il fegato è un organo che nelle prime fasi di malattia non manifesta sintomi evidenti.

Il nuovo apparecchio è inoltre dotato di una sonda dedicata alle persone in sovrappeso che in passato incontravano problemi nell’esecuzione di questo esame.

L’uso del Fibroscan per i pazienti diabetici, affetti nell’80% dei casi da “steatosi epatica”, e il possibile utilizzo nella popolazione biellese attraverso degli “open-day” per individuare i soggetti con epatopatia misconosciuta sono i progetti a cui l’equipe della Medicina Interna sta lavorando.

«In un momento di grande complessità come questo, l’Associazione Amici dell’Ospedale non ha smesso di guardare avanti e ha fatto ancora una volta la differenza – ha dichiarato il direttore generale, Mario Sanò -. Ringrazio a nome del personale ASLBI il Dott. Galligani e il Dott. Guala e tutti i volontari per la determinazione e l’attaccamento con il quale hanno conseguito questo importante risultato. A otto anni dall’inaugurazione, le necessità sono indubbiamente tante, ma è fondamentale far comprendere che la sfida per mantenere il livello tecnologico della struttura costituirà un fattore strategico. L’innovazione non solo contribuisce a offrire prestazioni di qualità ma è un elemento attrattivo per i nuovi professionisti che possono trovare una motivazione forte ad anteporre Biella ad altri centri, trovando qui una concreta opportunità di crescita. Nella storia della sanità biellese, molti traguardi sono frutto di un percorso condiviso e di una visione lungimirante che ha saputo guardare oltre i limiti e le difficoltà del presente. Questo è un valore che caratterizza questa comunità e che traccerà anche la strada verso il futuro».

«Una storia iniziata e completata dai biellesi. 2010 Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e 2022 Associazione Amici dell’Ospedale. Dodici anni è una vita tecnologica lunga. Dodici anni di uso quotidiano che hanno visto molte persone sdraiarsi di lato a questo congegno – racconta Leo Galligani, presidente dell’Associazione Amici dell’Ospedale di Biella -. Ognuno trascorrendo il tempo dell’esame a meditare proprie speranze e timori. Di lato a sanitari intenti a decifrare i messaggi di questo strumento, a perfezionare conoscenze e cercare soluzioni per i nuovi interrogativi. Sono loro che hanno partecipato coi loro studi su questa metodica in più loro offerta ed hanno ottenuto un riconoscimento scientifico, non bastante però ad acquistare la tecnologia adeguata al presente. Dodici anni sono tanti, troppi per rispondere adeguatamente alle nuove esigenze diagnostiche. I sanitari sono i primi a vederle queste cose, a dover supplire al passo diverso tenuto dal progresso tecnologico. Per il pubblico è spesso impossibile fare le cose coi tempi del privato. I biellesi conoscono queste differenze ed hanno la genetica del donatore. Ne hanno anche l’avvedutezza. In questo caso si è potuta integrare la somma del premio conseguito per aggiornare il livello qualitativo delle risposte da dare alle persone sdraiate sul lettino di fianco, per dare una più giusta grandezza a quelle speranze e a quei timori. È una storia di meriti e altruismo».

c.s.

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