Sembra incredibile, nel pieno di una pandemia, ma tra gli esercizi commerciali colpiti dal nuovo lockdown, cosiddetto “soft”, ci sono anche le farmacie. Sia quelle di paese che quelle situate nei grossi centri urbani. Nessuna eccezione, quindi.
A pagare lo scotto maggiore in termini di fatturato sono quelle che in gergo vengono definite “farmacie di passaggio”: «Sicuramente tutti noi – spiega Simone Redamante, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Biella e Vercelli – stiamo vivendo un momento di calo. Il rallentamento ha colpito soprattutto le farmacie di passaggio, esattamente com’era successo durante il lockdown di primavera. Nei centri urbani più grandi, invece, la sensibile diminuzione di clientela è dovuta in buona parte allo smart working che ha svuotato, in particolare, gli uffici pubblici».
C’è anche un risvolto della medaglia che riguarda le cosiddette “farmacie rurali”, quelle dei piccoli comuni, per intenderci. In diversi casi, infatti, proprio a causa delle restrizioni alla circolazione delle persone, le farmacie più piccole vengono letteralmente prese d’assalto, spesso anche solo per un consiglio del titolare ma senza che al parere competente segua necessariamente l’acquisto di farmaci.
Presidio fondamentale sui territori, questi esercizi pubblici si spopolano non appena le restrizioni ministeriali vengono allentate. Così spesso accade che le farmacie rurali vengono “abbandonate” dalla clientela a beneficio delle strutture situate o sulle vie di transito o nei centri maggiori.
Nell’immaginario collettivo, il ruolo (anche sociale) dei farmacisti rientra a pieno titolo tra le professioni sanitarie. Al contrario, le farmacie sono equiparate, a tutti gli effetti, alle altre categorie del commercio al dettaglio.
Anche se rappresentano un tassello fondamentale per le cure domiciliari, proprio oggi che a causa della pandemia da SARS-CoV-2 è evidente a tutti la necessità di rifondare il Sistema sanitario nazionale a partire dalla medicina di prossimità, sembra non essere riconosciuta appieno la quantità e qualità di servizi che, specie nei piccoli centri, i professionisti del farmaco sono in grado di erogare a vantaggio di chi è impossibilitato a spostarsi.
Nemmeno la campagna ministeriale per promuovere il vaccino antinfluenzale ha dato una mano a raddrizzare i bilanci di questi esercizi commerciali, almeno fino ad ora. Il perché ce lo spiega ancora Simone Redamante: «Solo in questi ultimi giorni sono arrivate le prime dosi di vaccino in vendita libera. Le due tranches di rifornimento consegnate a partire da fine ottobre, infatti, erano dedicate alle categorie a rischio, che giustamente ne avevano diritto in assoluta gratuità».
Pare proprio, a questo punto, che anche le farmacie attendano con trepidazione l’arrivo del nuovo vaccino anti Covid, oggi ancora in fase di sperimentazione e poi di validazione da parte dell’Istituto superiore di sanità.
Non solo “Big Pharma”, dunque, ma anche un corroborante per… banchi che rischiano di saltare.