Economia. La scommessa vinta Unesco e il sogno di Carlo Piacenza: “Biella, una piccola Bond Street”

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Da poco più di una settimana, Biella è ufficialmente Città Creativa Unesco, dopo aver battuto una candidatura fortissima come quella di Como. Una vittoria importante, di tutto il sistema Biella, che forse per la prima volta ha saputo mettere in campo una totale e incondizionata comunione d’intenti tra i vari attori, pubblici e privati.

Molti notabili biellesi, smaltita la sbornia per un risultato davvero entusiasmante, hanno giustamente fatto notare che l’essere diventati Città Creativa Unesco non può e non dev’essere considerato un punto d’arrivo. Al contrario, è solo un punto di partenza, importante, certo, ma pur sempre un punto di partenza.

Come dire? adesso abbiamo un contenitore con la scritta Unesco, è un contenitore visibile in tutto il mondo, ma per fare in modo che lo si possa “vendere” e “vendere bene”, lo dobbiamo assolutamente riempire. Abbiamo provato a condividere pensieri e riflessioni al riguardo con il presidente dell’Unione Industriale Biellese, Carlo Piacenza.

Presidente, partiamo dal risultato…
Certo, un risultato importantissimo che siamo riusciti a portare a casa grazie alla nostra coesione. Forse per la prima volta in assoluto abbiamo dimostrato di poter remare tutti nella stessa direzione, e questo è stato premiante. La grande paura per la competizione con Como ci ha fatto capire che l’unica chance di spuntarla era quella di fare squadra per davvero. Diversamente, sono convinto che non ce l’avremmo mai fatta. Non era né semplice, né tanto meno scontato che le cose potessero andare in questo modo.

Qual è ora, secondo lei, il passo successivo da compiere?
Puntare con assoluta decisione e concretezza sui collegamenti. Sono fondametali. È da anni che lo vado dicendo in tutte le sedi istituzionali. Non è possibile che ancora oggi non abbiamo un treno diretto per Torino e Milano, né un accesso comodo e veloce all’autostrada.

Poi, lo abbiamo detto in apertura di articolo, c’è da riempire il contenitore.
Esattamente. Abbiamo la possibilità di entrare in una vetrina visibile in tutto il mondo, ma dobbiamo fare in modo che il nostro prodotto sia appetibile. Dobbiamo convincere le persone a venire qui da noi. Il marchio Unesco è un’occasione forse irripetibile, ma noi siamo pronti? La vera sfida è proprio questa.

Il distretto biellese ha attraversato la pesante crisi del tessile ed è in trasformazione, dove stiamo andando?
Dal 2000 in poi, Biella ha cambiato non pagina… ma libro. Chi arriva in città dalla Trossi prova sgomento nel vedere tutti quei negozi e capannoni chiusi, poi, però, ci riconoscono la bellezza del nostro territorio. Noi stiamo vivendo una situazione che non può nemmeno essere definita congiunturale, vista la durata. È un po’ come una scala in discesa, se ci giriamo, vediamo dove eravamo prima e dove siamo adesso. E tentativi, dal 2000 ad oggi, ne sono stati fatti. Mi piace pensare che quei tentativi siano stati prodromici al risultato che abbiamo raggiunto.

Qual è, secondo lei, la ricetta per il futuro?
A dire la verità, non ho una ricetta, ma ho un sogno nel cassetto. Visto che l’Unesco ci ha riconosciuto la creatività e restando nell’ambito laniero, perché non organizzare delle manifestazioni che possano ricreare a Biella una piccola Bond Street, come a Londra. Potremmo portare qui da noi i migliori sarti del mondo, che poi sono tra i nostri migliori clienti. Alla fine il sarto è il miglior ambasciatore dei nostri tessuti, non certo il grande marchio, che al contrario punta a proporre se stesso, anche se poi usa i nostri tessuti. Il piccolo sarto, in questo senso, torna protagonista, perché propone il tessuto. A quel punto, è il cliente che decide la confezione a due bottoni, tre bottoni, quello che vuole… Ecco, secondo me, l’idea di portare in via Italia una decina o una ventina di sarti da tutto il mondo, pagati, che possano raccontare alla gente, magari invitata da fuori provincia, oltre ai biellesi, come si fa un abito, cos’è una giacca destrutturata, perché l’asola apera, potrebbe essere vincente. La mia è un’idea che prende spunto dal mercato, visto che negli ultimi anni il “su misura” è tornato di gran moda.

Continua…

 

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