Di pandemie, assembramenti, Tricolori, Campioni d’Europa, viva l’Italia e… gente che (giustamente) s’incazza

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Ma non si era detto che c’è una pandemia? E che sostanzialmente la variante Delta se ne frega della Brexit? No, perché a vedere la folla, delirante e osannante, che ha accolto il trionfale arrivo degli Azzurri a Roma, viene qualche dubbio.

Delle due l’una. O non c’è più la pandemia, e allora – ça va sans dire – liberi tutti. Oppure il Covid c’è ancora, anche se in forma meno pericolosa, visti numeri e gli indicatori, e allora qualcuno continua a prenderci allegramente per i fondelli.

A questo punto, proviamo a fare un esercizio di fantasia. Cosa sarebbe successo se avessimo visto l’autobus scoperto sormontato dagli eroi della Nazionale di calcio se alla Presidenza del Consiglio ci fosse stato ancora “l’avvocato del popolo, al secolo Giuseppe Conte?

Come minimo, sarebbe venuto giù l’architrave dell’emiciclo parlamentare che pende a destra (quello meno in bolla, per capirci), dove si annidano i Salvini, le Meloni e le sottoculture a loro consustanziali. Ma anche al centro, dov’è acquartierata gente come Lupi, Calenda e Renzi d’Arabia, non avrebbe lesinato anatemi, minacce, scomuniche et similia.

Ma si dà il caso che oggi il premier sia quel drago di SuperMario, quindi tutti zitti, tutti ossequianti, tutti proni, con Calboni di Fantozzi che chiosa “è una bella mamma!” all’indirizzo della signora che ha dato i natali al Presidente del Consiglio. Nemmeno un sussurro, nemmeno un belato…

Tutto buono, bello e giusto! Avanti così, campioni d’Europa! Bene, bravi, bis!

Peccato che però qualcuno inizia a incazzarsi un po’. E ne ha ben donde! La parata del carro azzurro circondato da una folla oceanica, sprovvista (per lo più) di mascherina e a distanziamento zero ha fatto, giustamente, montare su tutte le furie diverse associazioni di categoria che rappresentano lavoratori ancora “vessati” dai protocolli anti contagio, se non ancora al palo (si legga discoteche e attività equipollenti.

A titolo puramente esemplificativo, pubblichiamo il comunicato stampa diffuso dal presidente di Confartigianato Piemonte, Giorgio Felici. Ricordando che anche a Biella, dalle parti di Confesercenti, per citare un’altra associazione di categoria, sono arrivate le stesse rimostranze.

Siamo tutti entusiasti per la vittoria della nazionale italiana agli Europei di calcio, tuttavia siamo sconcertati di fronte ai festeggiamenti con persone accalcate, abbracciate, con mascherine abbassate. A parte sterili raccomandazioni, non vediamo nessun tipo di controllo, come se l’emergenza fosse finita. Eppure artigiani, esercenti e commercianti continuano a rispettare le regole anti Covid1per lavorare in sicurezza, e chi opera nel campo della somministrazione indossa la mascherina anche in cucina o quando serve ai tavoli.

Qualcosa, quindi non funziona. O ci siamo lasciati alle spalle la pandemia, e allora il liberi tutti deve valere davvero per tutti, oppure no, e allora le regole devono valere per chi lavora come per chi fa festa. Quest’autunno i virologi hanno ripetuto a reti unificate che la seconda ondata era colpa dell’estate scriteriata, immagino che nei prossimi mesi ridiranno in coro esattamente le stesse cose. Ma non accettiamo di essere ancora noi a pagare il prezzo di nuove restrizioni e chiusure a fronte di un aumento dei contagi.

Mentre in piazza e nelle strade si fa festa sventolando il Tricolore, gli imprenditori vivono in una situazione di incertezza che rende impossibile programmare i prossimi mesi. Pensiamo solo alla filiera degli eventi. Siamo stremati, in tanti non hanno riaperto, altri chiuderanno, non possiamo lavorare con gli occhi bendati, addossandoci il rischio che, a fronte di una crescita dei positivi, il Piemonte possa tornare in zona gialla, se non peggio.

Dopo aver visto dare la caccia perfino ai runners solitari durante il lockdown, dopo aver visto invocare battaglioni di ispettori per controllare le aziende (idea Pd), dopo aver costretto per mesi un intero settore a sopravvivere con l’asporto o le consegne a domicilio, di fronte alla sacra palla e ai suoi baccanali si fa finta di non vedere. La sofferenza di intere categorie produttive di un Paese che conta sei milioni di poveri, meriterebbe ben altro rispetto: dagli italiani tutti e da chi li governa.

 

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