Qualche lacrima di commozione ha fatto capolino tra il pubblico mercoledì sera al Fondo Edo Tempia, quando Serena Enrico Bena ha raccontato del momento in cui ha detto ai suoi figli che doveva curarsi per un tumore al seno: «Ho usato un video, “Mamma Uovo”, come mi avevano consigliato le psicologhe. La grande si è messa a piangere, il piccolo mi ha chiesto di vederlo un’altra volta».
Il suo sorriso, sicuro e sereno anche quando ha raccontato dei momenti più difficili della malattia, ha illuminato il Bra Day, l’iniziativa che il Fondo Edo Tempia e l’Asl di Biella hanno organizzato nel mese dell’informazione e della prevenzione sul cancro alla mammella.
Accanto a lei e al suo punto di vista da paziente ci sono state le spiegazioni più tecniche di Massimiliano Bortolini, responsabile della senologia all’ospedale di Biella, con la psicologa Patrizia Tempia a guidare la conversazione davanti a un centinaio di ascoltatrici (in stragrande maggioranza) e ascoltatori.
La premessa di Massimiliano Bortolini ha evidenziato i servizi che l’Azienda sanitaria, rappresentata anche dalla direttrice sanitaria Eva Anselmo e dal direttore del dipartimento di chirurgia Roberto Polastri, mette a disposizione attraverso la “breast unit”, la squadra multidisciplinare che si prende cura delle donne a cui viene diagnosticato il tumore: «Le pazienti non devono mai sentirsi sole e per questo sono sempre seguite dall’infermiera di riferimento nel percorso della diagnosi e della terapia. In più non devono preoccuparsi delle questioni più burocratiche, come le impegnative».
È un percorso «cucito con attenzione sartoriale su ogni situazione», come lo ha descritto Francesco Leone, direttore di oncologia dell’Asl. Ed è fatto non solo di terapie ma anche di relazioni perché è importante comunicare alla paziente quello che sta accadendo: «Non amo parlare di percentuali di successo o di guarigione – ha spiegato Bortolini -. Vanno bene per i convegni medico-scientifici ma non per i singoli casi».
Succede però che le percentuali servano ad alimentare l’auto-ironia: «Io sono l’1%», ha scherzato più volte Serena Enrico Bena, raccontando delle telefonate con il medico in cui le veniva comunicata quella complicazione in più nel percorso di cura che, statistiche alla mano, colpisce un numero basso di pazienti.
Ma in fondo a un percorso, che per lei non è ancora terminato, c’è una luce: «Ora si va avanti, si guarisce, i presupposti ci sono». E poi, sorridendo, ha aggiunto: «Inoltre non ho tempo, devo fare ginnastica, fisioterapia, dalle quattro e mezza faccio il taxi per i miei figli. E poi c’è il lavoro». Un lavoro impegnativo, tra l’altro: un’azienda agricola con annesso agriturismo. «Mi raccomandavano di non fare sforzi e di stare attenta al sole. E io: sì, certo…»
L’umanità della sua testimonianza è la stessa che lo staff dell’ospedale cerca di trasmettere a tutte le pazienti: «Non sempre – ha detto Francesco Leone – serve un farmaco, ma è più adatta una buona parola». E poi, descrivendo il servizio che Biella sa offrire, ha aggiunto: «Sappiamo che l’Asl con le sue risorse non può arrivare dappertutto, specie in quegli ambiti che non sono strettamente parte della terapia come i laboratori di bellezza, le protesi provvisorie, le parrucche per chi perde i capelli dopo la chemioterapia. Ma per fortuna c’è il territorio che ci sostiene. E a Biella parlare di territorio significa parlare di Fondo Edo Tempia».
Adriana Paduos, la senologa che del Fondo è direttore sanitario, ha ribadito l’eccellenza della risposta alle esigenze delle pazienti: «Qui c’è tutto. Nessuna ha bisogno di cercare qualcosa di meglio in un’altra provincia».
c.s.