Biella. Lo show del dolore, ovvero quando le tragedie altrui diventano pretesto di mercimonio: ma dove finisce il diritto di cronaca?

0

Purtroppo, a Biella, c’è chi continua a speculare sulla sofferenza altrui, a lucrare sulle disgrazie che coinvolgono intere famiglie e gruppi ancora più ampi di persone, i cosiddetti “sopravvissuti”. C’è ancora chi si ostina, imperturbabile, a spettacolarizzare i suicidi, facendoli diventare occasione di vergognoso mercimonio, per vendere qualche copia in più (nel caso dei giornali cartacei) o ricevere qualche click in più da convertire in denaro (per quelli online), proprio sulla base dei cosiddetti “accessi”, ovvero del numero di lettori che hanno visualizzato articoli, foto e, da ultimi, addirittura video.

Sì, proprio così, nei giorni scorsi, a corredo della notizia di un atto anticonservativo posto in essere da un 48enne biellese, già in carico al Centro di igiene mentale dell’ASL Bi, che ha deciso di lasciarsi cadere dal ponte della tangenziale, oltre alle solite, disgustose gallerie fotografiche, sono apparsi anche due video (uno dei quali pare sia poi stato rimosso) che mostravano le “mirabolanti” operazioni di recupero del corpo. Non si può parlare nemmeno di salma, dal momento che il poverino non era ancora spirato (è successo poco dopo il trasferimento al “Degli Infermi” di Ponderano).

Ma fin dove arriva il diritto di cronaca? C’è un limite, ancorché sottilissimo, che separa la corretta informazione dalla totale mancanza di rispetto per la dignità umana e per la sofferenza di “chi resta” dopo gesti tanto estremi?

Non si tratta di condotte penalmente rilevanti, ma il codice deontologico dei giornalisti, che recepisce le linee guida diramate dell’OMS nel 2008 (poi aggiornate: Preventing suicide A resource for media professionals Update 2017) e rivolte precipuamente ai professionisti dell’informazione, spiega dettagliatamente cosa NON dire o NON mostrare quando si dà la notizia di un suicidio.

«Soprattutto quando si parla di questi argomenti – sottolinea il Procuratore capo presso il Tribunale di Biella Teresa Angela Camelio – bisognerebbe davvero adottare alcune forme di cautela. Non credo che la notizia sia diminuita se non vengono pubblicate fotografie o addirittura video. E questo, ovviamente, nell’interesse e nel rispetto dei familiari delle vittime, per non aggiungere dolore a dolore».

«Non è la prima volta che mi trovo a commentare questo tipo di notizie – afferma Roberto Merli, direttore della Struttura complessa di Psichiatria ASL Biella -. Cosa mi spinge a farlo? Questo articolo aveva la particolarità di allegare alla parte descrittiva anche due filmati in cui si mostravano le fasi di recupero del corpo dello sventurato, in quel momento ancora vivo, da parte del personale di soccorso, coadiuvato da un drone che illuminava la scena notturna».

«Forse – continua il dottor Merli – l’abbinamento di questi filmati alla descrizione di un fatto di per sé tragico voleva solo sottolineare la grande efficienza della squadra di soccorso coadiuvata dalla avanzata tecnologia a disposizione, tuttavia il risultato è apparso come un’inopportuna ridondanza di dettagli spettacolari e superflui, inadatti a fornire al pubblico le informazioni essenziali in un’ottica di prevenzione sociale e sanitaria. Una maggiore discrezione sarebbe stata auspicabile, riservando magari i filmati ad eventi formativi dedicati al personale che deve addestrarsi in questi interventi di soccorso».

Secondo le raccomandazioni diffuse dall’OMS, negli articoli che trattano simili argomenti bisogna sempre fornire informazioni accurate su dove cercare aiuto; informare il pubblico sui fatti relativi al suicidio e sulla prevenzione del suicidio; fornire spiegazioni su come affrontare i fattori stressanti della vita o i pensieri suicidari.

In particolare, viene richiesto di prestare particolare attenzione quando si denuncia il suicidio di una celebrità; non mettere in evidenza le notizie di un suicidio e non prolungarne la presenza; non usare un linguaggio che provoca sensazione o normalizza il suicidio, né che lo presenti come una soluzione costruttiva ai problemi; non descrivere esplicitamente la modalità utilizzata; non fornire dettagli sul luogo; non ricorrere a titoli sensazionalistici; non utilizzare fotografie, video o collegamenti ai social media.

Alberto Sinigaglia (foto qui sopra) è il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e sulla problematica legata a queste notizie ha una posizione molto chiara e netta: «Anche all’enfasi, alla drammatizzazione, ai toni gridati dei titoli e degli articoli si devono l’allontanamento di molti lettori dalle edicole, il progressivo calo di copie vendute, la crisi di sfiducia che affligge il giornalismo italiano. Il suicidio è il gesto estremo di una sofferenza intollerabile e di una disperazione senza rimedio. Il giornalista non può tacerlo, se avvenuto in luogo pubblico. Ma non può raccontarlo – qualunque mezzo usi – venendo meno alla pietà e al rispetto che pretendono quella persona e i famigliari e gli amici che ha lasciati. Chi fa informazione deve essere consapevole delle responsabilità che quel mestiere comporta. Più che temere sanzioni disciplinari per le violazioni della deontologia professionale, deve temere il pubblico discredito. E i morsi della sua coscienza».

.

Condividi:

Commenti chiusi