Biella diventa case history: con Paolo Furia, a Detroit, si è parlato di distretti in transizione

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Il nuovo millennio, con la globalizzazione e tutta una serie di altri fattori e concause, ha messo il mondo di fronte a crisi sitemiche e strutturali che accomunano città anche molto distanti geograficamente. Possono essere divise da migliaia di chilometri ma si scoprono incredibilmente vicine, perché evidenziano segni tangibili di una crisi che le costringe ad una spesso faticosa transizione industriale (e culturale) verso sistemi più efficaci ed efficienti, o anche solo diversi rispetto al passato più o meno recente.

Uno scorcio di Detroit

Esiste un gruppo di ricerca internazionale che fa capo a tante università del pianeta che, tra le altre cose, indaga anche questi processi, esaminandoli da più angolature, da diversi punti di vista. Si chiama Philosophy Of The City e raccoglie un buon numero di filosofi (come rivela il nome), architetti, urbanisti, sociologi e geografi. Tutti professionisti e ricercatori che una volta all’anno si incontrano per fare il punto della situazione e confrontarsi sulle possibili strategie in grado di propiziare un cambiamento proattivo di distretti in difficoltà.

Quest’anno l’appuntamento per Philosophy Of The City è a Detroit, città che presenta una situazione di crisi economica e occupazionale, aree dismesse e problematiche connesse molto simile a Torino e al Biellese. In fondo, almeno sotto questo aspetto, tessile e automotive sono molto simili. Negli States, tra gli studiosi che si sono incontrati per i lavori annuali del gruppo c’è anche Paolo Furia, ricercatore universitario biellese all’Università di Torino e, con un altro ma non meno importante cappello, segretario regionale del Partito Democratico.

Nel pomeriggio di sabato scorso 5 settembre, intorno alle 19 ora italiana, la case history del Biellese è stata portata all’attenzione dei partecipanti al meeting. In particolare, Paolo Furia ha esposto il frutto di un lavoro di ricerca condotto per conto della sua università sul territorio biellese: per oltre due anni, in collaborazione con Camera del Lavoro, Camera di Commercio, UIB, DOC.Bi, Fondazione Pistoletto e una serie di altri partner privati e istituzionali, è stato creato un percorso sfociato in una serie di tavoli di lavoro che si sono riuniti nel 2018 a Cittadellarte.

«L’intento di ILaB (Industrial Landscape Biella) – spiega a Bi.T Paolo Furia – è quello di trovare punti di convergenza tra interlocutori locali molto spesso divisi sugli obiettivi da dare alla riconversione economica, anche, ad esempio, sotto il profilo del patrimonio architettonico che abbiamo ricevuto in dote. Tra gli altri materiali, abbiamo prodotto un video (nel Biellese sarà presentato a breve, ndr) promozionale del territorio, attraverso il paeseggio, non solo industriale, mettendo in rete tanti materiali già esistenti che però non avevano mai comunicato tra loro. La nostra scommessa intellettuale è quella di accompagnare attraverso questo studio la candidatura di Biella Città Creativa Unesco».

«Biella non è sola – continua Furia -, in giro per il mondo ci sono tanti esempi di riqualificazioni intelligenti, ma anche di ostacoli, limiti burocratici e di investimento. Una buona politica, in quest’ottica, potrebbe essere quella di promuovere, attraverso scambi di buone pratiche, il know-how di chi ha già riconvertito. Purtroppo, noi biellesi abbiamo il vizio di guardarci troppo l’ombelico, accusandoci reciprocamente, ma non è così che si esce dallo stallo. Da biellese, il messaggio che porto a casa è: guardiamo fuori, cerchiamo connessioni, anche nelle forme dei gemellaggi. Torino e Detroit, ad esempio, sono gemellate dal 1998 ma il gemellaggio è stato completamente dimenticato: non c’è nessuna attività in comune, anche se oggi FCA potrebbe fare da trait d’union tra le due città. Promuoviamo serie politiche di scambio e di relazioni tra comunità che vivono problemi simili».

«Ho concluso il mio intervento – ricorda il ricercatore biellese – con un’immagine, e con il tentativo di affermare che il primo risultato che, comunque vada, Biella porta a casa da questa candidatura è che, per la prima volta, attori locali spesso abituati a lavorare ognuno per conto proprio hanno unito le forze concentrandosi su un unico progetto. Non più frammentazione ma condivisione di intenti».

«Uscendo dalla sala conferenze – conclude Paolo Furia -, una professoressa della facoltà di Architettura dell’Università di Detroit mi ha detto che le ho fatto venire voglia di visitare Biella. Nel mio piccolo, è già un risultato che mi rende orgoglioso e felice».

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