#ADBiella. Debutto online per “Digital Humanities”: l’uomo e la rete, sintesi o antitesi?

0

La realtà è solo illusione, come sosteneva Platone nel mito della caverna? In linea di massima no. Più correttamente, possiamo dire che esistono diverse forme di realtà. Il mondo digitale, ad esempio, è allo stesso tempo reale ma anche “altro”. Una realtà complementare a quella comunemente intesa. Il collegamento è evidente. E funzionale. A patto che l’agorà digitale non sostituisca quella fisica, che il confine tra i due mondi rimanga segnato e ben identificabile.

La riflessione sui punti di collegamento (ma anche sulla dicotomia) tra la realtà fisica e quella virtuale è stata il focus del primo appuntamento di DIGITAL Humanities dal titolo “Il lato umano del digitale: organizzazione, persone, territori”. Un nuovo ciclo di webinar organizzato da Agenda Digitale Biella, con l’azione #BiellaImpresa.

Il primo dei quattro incontri online, moderato da Silvia Basiglio, si è tenuto ieri pomeriggio (dalle 17.30 alle 19) e ha fatto registrare la partecipazione di oltre settanta iscritti appartenenti alle più svariate categorie professionali, del pubblico e del privato (studenti compresi).

A fare gli onori di casa, come d’abitudine, Fulvia Zago, presidente di Agenda Digitale Biella – Patto del Battistero.

Quattro i relatori, quattro i punti di vista differenti, ma ugualmente illuminanti le suggestioni e la passione che gli oratori sono riusciti a comunicare. Una sorta di introduzione ai prossimi appuntamenti, che possiamo definire “di approfondimento”, rispetto ad un tema di stringente attualità ed interesse: la centralità dell’uomo, come individuo, monade, in un mondo sempre più digital e permeato di relazioni.

Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, a partire dall’approccio filosofico legato al “Terzo Paradiso” del maestro Michelangelo Pistoletto, ha parlato del rapporto tra arte e artificio, tra autore e automa, arrivando alla conclusione che il digitale dev’essere una forma di potenziamento dell’individuo, ma non superarlo. Un utensile migliorativo, non sottrattivo, uno strumento in grado di creare opportunità, di espandere la relazione.

«Viviamo in una relazione costante con le macchine dall’inizio del secolo scorso, per fare di più e farlo più in fretta», ha ricordato il sociologo e antropologo Alessandro Donadio. Ad un certo punto, però, è cambiato qualcosa. L’arrivo dei primi strumenti digitali, intorno agli anni ’70 del Novecento, ha permesso all’uomo aumentare le sue capacità cognitive originarie. Oggi non siamo più noi a dire ad un’altra “intelligenza” cosa fare, ma è lei a consigliare noi, ad esempio, rispetto al tragitto più breve da compiere per partire dal punto A e arrivare al punto B. Inoltre, le maggiori possibilità di socializzazione (o di ri-socializzazione) hanno sviluppato quella coscienza collettiva, già teorizzata da Yung, che non può non relazionarsi con le intelligenze artificiali che ci circondano.

Molto stimolante anche l’intervento di Marco Vigini, che proprio a partire dalle relazioni, oggi le chiamiamo community, ha definito il “successo” nel mondo digitale come la capacità di creare fiducia, elemento aggregatore in rete. In questo senso, il caso LinkedIn è un nuovo paradigma. Si tratta di un servizio web di rete sociale che permette di creare contatti tra domanda e offerta di lavoro, una piattaforma sulla quale ognuno cerca di promuovere in rete il proprio brand personale. Ecco quindi che un social, in questo modo, diventa un aggregatore di valore. Creare valore (oltre che fiducia) per Vigini è una delle principali possibilità offerte dal mondo online. Le community di valore diventano così moderne agorà in cui farsi contaminare, divertirsi e creare nuovi percorsi (anche professionali).

Più pragmatico, forse, l’ultimo intervento di Andrea Solimene, uno dei maggiori esperti italiani di smartworking. Un approccio al mondo del lavoro che esiste già da tempo, ma che è letteralmente esploso, almeno nel nostro Paese, con l’avvento della pandemia. Grazie al lavoro agile, molti di noi hanno potuto riscoprire la propria casa, il proprio habitat, cambiare prospettiva: i lockdown ci hanno insegnato che non è più importante DOVE lavoro, ma COME lavoro, e la qualità di ciò che faccio (magari in un tempo minore, perché meno dilatato, ad esempio, dagli spostamenti casa-ufficio e viceversa). Grazie a queste nuove declinazioni uomo-lavoro-tempo, il futuro ci riserva la rivincita della provincia sulla grande città. Oppure il ritorno all’ambiente naturale come postazione smart per le nostre attività lavorative. A patto che ci sia una buona connessione!

Condividi:

Commenti chiusi