Tavolo Lavoro PD Biellese. Chiola: “Ok la gestione della pandemia ma serve anche programmazione, sono due binari paralleli”

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Da domani, venerdì 6 novembre, noi piemontesi (con Lombardia, Valle d’Aosta e Calabria), in forza del combinato disposto tra l’ultimo Dpcm del premier Giuseppe Conte e l’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha individuato le regioni a rischio alto, medio e basso, saremo di nuovo in lockdown.

In queste ore i sentimenti predominanti sono angoscia, paura, incertezza per il futuro, disorientamento. Rabbia, anche. Una lunga teoria di “perché?” ottenebra le nostre menti e i nostri cuori.

Il Partito Democratico Biellese, già dai mesi del lockdown di primavera, ha attivato alcuni Tavoli di lavoro per monitorare la situazione economico-sociale sul territorio provinciale. Ne abbiamo parlato con Rinaldo Chiola (in foto qui sotto), referente del Tavolo Lavoro.

Quali sono i dati e gli scenari su cui il Tavolo Lavoro sta ragionando?

Alla luce degli ultimi dati, emerge che tra giugno 2019 e giugno 2020 l’industria ha avuto un drastico calo di occupati. In affanno il commercio all’ingrosso e al dettaglio (-191mila unità) e i servizi alle imprese (-103mila occupati), legati soprattutto alla chiusura di molte attività durante il lockdown della scorsa primavera e al ricorso allo smart working. Ma la crisi più grave la paga il settore turistico con una perdita occupazionale di 246mila unità, di cui 158mila nei servizi di ristorazione. E sono solo alcuni numeri. L’impatto della pandemia da Covid-19 sull’occupazione è fortissimo e differenziato a livello settoriale, esponendo alcune attività produttive ad una crisi mai vista. Non è tempo di sole politiche di emergenza. Ma di visione, e coraggio.

Qual è, secondo lei, la ricetta migliore? La politica italiana dà l’idea di essere sfilacciata, con una destra che non sembra molto collaborativa…

Questo, per sommi capi, è il quadro. E la destra cosa fa? Mentre da un lato chiede di essere ascoltata dal governo “per collaborare”, dall’altro, con la solita schizofrenia politica che la contraddistingue, incita allo scontro e invoca dimissioni. Non comprendono che, mai come in questo momento, serve una reale e fattiva collaborazione per il bene del Paese. Saremo tutti responsabili se la politica non sarà in grado di compiere questo passo decisivo. Perché solo con una strategia comune e obiettivi chiari e condivisi possiamo uscire prima dalla crisi sanitaria, sociale ed economica che, come uno tsunami, si è abbattuta sulla nostra Italia.
E invece nulla, anzi, peggio di prima!

Come se ne esce?

Credo che oggi le politiche debbano essere necessariamente due. Barra dritta guardando però la meta: gestione dell’emergenza ma con lo sguardo rivolto alla programmazione. Servono piani di riforma per i prossimi anni. In poche parole, l’idea di futuro che vogliamo tracciare. Mi rendo conto che le argomentazioni economiche non hanno effetto di fronte alla presenza di “effetti stigma” nei confronti del MES da parte del Movimento 5 Stelle ed alcuni alleati di governo di sinistra. Tra i pentastellati, molti hanno giustificato il mancato ricorso dell’Italia al MES argomentando che, trattandosi di assumere un debito, l’adesione a quello strumento comporterebbe un aumento delle tasse o un taglio di spese. Ma non è così.
Il PD Biellese insieme ad altre province ha chiesto già una posizione dura e precisa su questo tema. Niente tentennamenti.

Quindi?

Va pensato un modello produttivo nuovo che si basi su cinque pilastri: un’Europa più forte anche come mercato interno, innovazione e digitalizzazione, sostenibilità ambientale, ricerca e formazione per tutta la vita e, infine, agganciare il futuro del Paese alle grandi opere. Si deve approfittare di questo disastro e passare attraverso i Fondi europei per garantire la ripartenza. Ma anche nella nostra piccola Biella avete sentito parlare di Piani regolatori o di proposte immediate per collegare Biella ai poli di Torino e Milano per uscire dal secolare isolamento? Mettendo da parte, almeno per un attimo, il passato, perché in quel passato, chi più chi meno, c’eravamo tutti. Presenteremo a breve le nostre idee in merito, perché non ci piace puntare solo il dito, altrimenti questo ritardo lo pagheremo tutti.

Adesso, però, siamo ripiombati nell’emergenza sanitaria. Legati mani e piedi alla stringente contingenza del Covid-19. Come si fa a guardare oltre, se la priorità e “far passare la nottata”?

Attenzione, come ho anticipato, non possiamo permetterci di distogliere lo sguardo dal governare e prevenire il contagio da SARS-CoV-2. Sono due binari paralleli, l’uno, però, non esclude l’altro. Mi chiedo, ad esempio, cosa ne possono i commercianti per il contagio se un capannello di persone staziona fuori, o in piazza fino a tarda ora e senza protezione? Salvo pagarla loro in primis, e noi tutti. Bastava prevenire distribuendo i tamponi per tracciare il più possibile l’andamento del contagio. La Cina non sta facendo fondamentalmente questo?

A proposito di commercio, cosa ne pensa del sostegno previsto dal governo per le categorie più colpite dal nuovo lockdown?

Bene il Decreto Ristori (e l’annunciato “Ristori-bis”, ndr) ma, lo ripeto, servono scelte per il futuro. Diventa quindi strategico sfruttare nel miglior modo possibile le risorse del Recovery Fund, mettendo a sistema le competenze di chi, per professione e formazione, conosce il mercato del lavoro e l’economia, e può così contribuire alla realizzazione di progetti per il rilancio del Paese. Non si sa ancora come saranno spesi i 209 miliardi di euro destinati all’Italia. Supportiamo la linea degli aiuti emergenziali con la sospensione di qualsiasi versamento fiscale e contributivo per tutte le imprese in crisi e il prolungamento del periodo di rateizzazione dei versamenti già programmati, oltre alla possibilità di pagare i debiti tributari in più anni e senza l’aggravio di interessi e sanzioni. Non ultima, la concessione automatica e generalizzata della Cassa
Integrazione Covid-19. Occorre liberare risorse per abbassare il cuneo fiscale, in modo che le aziende tornino ad investire e assumere. Serve anche un ulteriore adeguamento alle norme di sicurezza per
fronteggiare l’emergenza Covid, perché le aziende, da sole, non riescono a fare più di quel tanto che già fanno e hanno fatto.

Analisti finanziari e sondaggi ci dicono che le previsioni economiche per il futuro non sono rosee. Quanto tempo ci vorrà prima che l’economia nazionale possa ripartire appieno?

Le previsioni ci dicono che le imprese torneranno ai livelli di fatturato pre-Covid non prima di due anni. Ecco perché dobbiamo agire oggi. Questa volta non si scherza. Perdere tempo vuol dire rischiare di precluderci gli agognati finanziamenti, come pure i versamenti a fondo perduto. Oggi, forse, per la grandezza e l’importanza delle sfide che ci attendono, potrà venire a galla, chiaramente, la pesante responsabilità di chi è inadeguato alle responsabilità di cui dobbiamo farci carico, e stoltamente non fa altro che soffiare sul fuoco del disagio e della sofferenza.

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