Ascesa l’altroieri al soglio di assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino, ex sindaco della metropoli di Ponderano (non ce ne vogliano i cari ponderanesi), tramite ufficio stampa, ha diffuso un comunicato in cui lancia i suoi strali contro il governo gialloverde perché, secondo lei «M5S e PD hanno letteralmente giocato sulla pelle di migliaia di lavoratori italiani e piemontesi e adesso rischiamo il dramma sociale e industriale».
Casus belli, l’Ilva di Taranto.
Lo stile, nemmeno a dirlo, è inconfondibilmente quello dei “Fratelli”, urlato, sguaiato, straripante demagogia populista da Bar dello Sport. Sempre a puntare il dito contro “gli altri”, ché loro, nemmeno a dirlo, avrebbero sicuramente fatto meglio! Gente, quelli di Fdi, che fino a pochi giorni faceva fatica a raggiungere un 4% scarso a livello nazionale e che ultimamente arriva a coagulare un 10% abbondante non certo per meriti propri ma per il semplice motivo di esseresi messa in scia della “lepre” Salvini.
Gente che al governo, con il cappello di Alleanza Nazionale, c’è stata per anni al fianco del pregiudicato signor B., ma della quale non ricordiamo nulla di epocale: nessuna legge o riforma che abbiano vagamente rivoluzionato in modo copernicano la società e la politica italiana (scandali sì, quelli li ricordiamo…).
Tornando all’assessore Chiorino, quando ci capita di leggere le sue arringhe contro un governo appena formato e fortemente osteggiato da tutto il centro destra a reti unificate, ci viene sempre quel maledetto dubbio: che la sua penna (o la tastiera del suo pc) sia telecomandata da qualche mente eccelsa oculatamente acquattata nei salotti buoni della Capitale, ché esporsi troppo, talvolta, non è la mossa migliore…
A qualcuno non sarà sembrato vero di poter pizzare una fedelissima pedina in uno dei dicasteri più pesanti di Palazzo Lascaris (lasciando il Comune di Ponderano all’altra lista…). Ma leggere parole come «invece di blaterare e di piangere sul latte versato, questi incompetenti devono chiedere scusa e andare a casa» sembra un tantinello eccessivo, da parte di chi, fino a tre mesi fa, governava il suddetto Comune e una volta paracadutato in Regione con la spinta delle quote rosa s’improvvisa statista.
Il comunicato stampa prosegue con una veloce ma puntuale cronistoria dei recenti trascorsi legati al colosso pugliese della siderurgia (la mano, in questo caso, potrebbe essere quella del valido collega addetto stampa), sottolinendo come non sia “andata giù, all’assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino, la decisione di ArcelorMittal InvestCo Italy di rescindere l’accordo per l’affitto con acquisizione delle attività di Ilva Spa e di alcune controllate acquisite secondo l’accordo chiuso il 31 ottobre. La multinazionale francese (che gestisce anche gli stabilimenti piemontesi che danno lavoro a centinaia di persone) lo ha reso noto in un comunicato stampa. Nel contratto di affitto e comodato sarebbe infatti inclusa una clausola di recesso per l’affittuario degli stabilimenti. In particolare ArcelorMittal ha precisato che l’eliminazione della protezione legale dal 3 novembre necessaria alla società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale giustifica la comunicazione di recesso”.
A questo punto, si rincara la dose: «La perversione ideologica giallorossa – (ri)attacca Chiorino -, che ha voluto negare a chi si è fatto carico di una potenziale bomba a orologeria come Ilva fosse messo al riparo, almeno a livello penale, da pregresse responsabilità, rischia di mandare sul lastrico migliaia di famiglie, oltre che di mettere la pietra tombale sul settore siderurgico italiano». Quindi, il paziente malato, questo sciagurato Paese, deve il suo triste destino, oltre che al PD e al M5S, alle solite “toghe rosse”. Già, perché a Taranto non si muore di cancro. Perché Taranto non è tra le città italiane una di quelle con il più alto tasso di decessi (anche tra i bambini…) di decessi a seguito di patologie oncologiche…
Ora, l’ex primo cittadino ponderanese torna a scrivere in prima persona, sciorinando nazionalismi e sovranismi a profusione, puntando il dito contro Carlo Calenda: «E una nazione che non è competitiva sull’acciaio e sulle materie prime perde inevitabilmente di sovranità, in quanto deve dipendere da altri. La situazione è drammatica. Siamo all’ultimo atto di una serie di scelte scellerate e adottate in malafede, di inettitudini che partono da lontano, dal governo Renzi, quando l’ex ministro Calenda – che adesso sui social fa ancora la parte dell’anima candida, attaccando i suoi ex compagni di merende – invece di sostenere la cordata italiana, ha privilegiato una multinazionale francese. […] Le centinaia di lavoratori piemontesi interessati da questo scempio, alle quali si aggiungono quelli di Sanac, azienda di Gattinara collegata a Ilva, devono sapere chi ringraziare per questo scempio politico, questo capolavoro di idiozia senza precedenti, questa dimostrazione di inettitudine e di incapacità a governare».
Non è ancora finita: «Ecco i risultati dell’ideologia della decrescita e dell’assistenzialismo. Ora attendiamo le decisioni del vertice di governo convocato d’urgenza, ma nessuno di questi signori si permetta, dopo aver distrutto tutto, di prenderci in giro dichiarando di voler salvare a tutti i costi l’ex Ilva. Perché sono loro che l’han voluta distruggere con l’idiozia politica, negando lo scudo penale e fornendo alla multinazionale francese il più clamoroso degli alibi per andarsene, tanto che, come si intende leggendo fra le righe del comunicato, anche se venisse reintrodotta la protezione, seppur fuori tempo massimo, la permanenza non sarebbe affatto garantita. Un “delitto perfetto” compiuto grazie alla dabbenaggine di perfetti incompetenti, che se avessero un minimo di dignità chiederebbero scusa agli italiani per i disastri che hanno combinato e se ne tornerebbero a casa. Ma sono troppo attaccati allo stipendio (il loro, non quello delle migliaia di persone che rischiano di perderlo) e al potere per fare un passo indietro. Siamo di fronte a una delle pagine più vergognose della storia italiana».
Poteva mai mancare l’anatema contro qualche consigliere regionale del PD? Non scherziamo nemmeno. Domenico Ravetti, da casellario giudiziale, è reo di aver aver presentato un non meglio specificato Ordine del Giorno in Consiglio. Ma i lavoratori piemontesi possono stare sereni (un po’ come Enrico Letta ai tempi del Matteuccio di Rignano?), “arrivano i nostri”: «La giunta di centrodestra, anche questa volta, proverà con tutte le forze a mettere una pezza ai loro scempi: quando si tratta di difendere i lavoratori, in questo come in tutti gli altri casi, siamo e saremo sempre in prima linea, non stancandoci mai, allo stesso tempo, di denunciare gli inetti che stanno mettendo a rischio il futuro di migliaia di persone e dell’Italia».
E, finalmente, chiude con l’ultimo “giurin giurello”: «Come assessore al Lavoro del Piemonte sto seguendo passo a passo la vicenda e posso garantire che farò tutto quanto è nelle mie possibilità per tutelare i nostri lavoratori, vittime dell’incapacità e dell’incompetenza di Pd e M5S».
Ora, enucleato il problema, ci piacerebbe sapere quali siano le soluzioni che l’assessore al Lavoro della Regione Piemonte Elena Chiorino (o chi per lei) intravede e mette sul tavolo. Ad additare e accusare sono capaci proprio tutti.