Non è un carcere, ma per chi lo subisce è peggio. La detenzione amministrativa dello straniero nei centri per il rimpatrio (Cpt, Cie, Cpr) è un rito di segregazione, un atto di apartheid che avalla la mortificazione della dignità umana.
Mentre sperimentano il fallimento del proprio progetto migratorio, i reclusi subiscono il potere statale nella sua forma più invasiva e feroce. Qui deflagra una violenza a grappolo: contro il diritto, che autorizza giudici non professionisti a convalidare la detenzione di persone che non hanno commesso alcun reato; contro i corpi, esposti alla tentazione dell’autolesionismo; e contro i luoghi stessi, bersaglio della rabbia dei segregati e di un continuo maquillage giuridico e materiale.
E poi c’è il paradosso dell’inefficienza: nonostante l’enorme impiego di denaro, appena il 50% delle persone trattenute viene rimpatriato. Cosa attende gli stranieri dopo il trattenimento? Cosa può nascere dal rifiuto e dal risentimento? In quale pace può sperare una società che, in nome della sicurezza, sacrifica la libertà e la dignità dei più vulnerabili?
Un viaggio nei Cpr, ferita della legalità e delle garanzie civili, obbrobrio giuridico del nuovo millennio.
È questo il tema dell’incontro in programma venerdì prossimo 8 ottobre (alle ore 19) in piazza del Battistero, a Biella. Sarà un momento di riflessione, attraverso il dialogo con Maurizio Veglio, autore del libro “La malapena. Sulla crisi della giustizia al tempo dei centri di trattenimento degli stranieri”.
La serata è stata organizzata da Hope Club, Il Naso in Tasca e Caritas Biella.
c.s.