Il giovane artista biellese Lorenzo Gnata con la sua installazione alla Fondazione Treccani di Napoli

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Si è conclusa il 20 dicembre, a Napoli, presso la sede della Fondazione Treccani, la mostra “Neapolis. Nuova città, nuove arti” dedicata alle più recenti tendenze dei linguaggi artistici. Da sempre il capoluogo campano si caratterizza per la sua innata capacità di accogliere i molteplici volti della cultura e per la grande apertura agli stimoli culturali, nell’ottica di un continuo arricchimento.

Ed è per questo che SIEDAS – Società Italiana Esperti di Diritto delle Arti e dello Spettacolo – ha scelto Napoli per un’esposizione in cui 19 giovani artisti, selezionati principalmente tra i giovani laureati presso le Accademie di Belle Arti italiane, hanno potuto interagire con il pubblico attraverso le loro opere.

In quest’occasione il giovane artista biellese Lorenzo Gnata ha presentato l’opera dal titolo “Infrasottili”, che consiste nella sua personale riflessione sull’umanità e sui drammi dell’uomo contemporaneo.
«Era il 1930 quando Marcel Duchamp coniò il termine “Inframince” – ricorda l’artista -. Una parola da lui inventata per descrivere quella particolarità unica della fotografia, capace di catturare il reale, nel trionfo del ready made e della messa in discussione del significato stesso di realtà. Un termine che rappresenta il “vuoto” tra due “pieni”. Una sorta di pausa, un tempo sospeso e impercettibile. Qualcosa di reale e tangibile, ma al contempo impalpabile. Duchamp stesso disse che si trattava del tepore di una sedia appena abbandonata, di quello spazio quasi inesistente tra il verso e il retro di un foglio, o dei riflessi portati da frammenti di luce. L’installazione si rifà al concetto espresso da Duchamp, sospendendo nel vuoto svariate figure in plastica nera».
Raffigurano persone, scene di vita quotidiana e non. Ognuna di loro è testimone di una storia, di una vita densa di fatti per lo più a noi ignoti, come quelle persone che incrociamo per strada e che sappiamo non incontreremo mai più. Di emozioni che pensiamo siano lontane, solo perché vissute da altri, ma che in realtà ci sono vicinissime.
Sono fantasmi che parlano di gioie e sofferenze, dei drammi della nostra realtà e dei tempi ormai passati. Abitatrici di un istante che si affaccia al nostro, ma che non lo è.
«Quella che da lontano sembra una nuvola o uno stormo, avvicinandosi diventa qualcos’altro. Le figure si spostano, svaniscono, per poi ricomparire e perdersi subito dopo. Ognuna sembra volerci sussurrare delle parole. E se provassimo ad ascoltarle, forse, sentiremmo davvero qualcosa», conclude Lorenzo Gnata.
c.s.

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