Economia. Indagine trimestrale Confindustria: manifatturiero debole e fiducia in calo

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La consueta indagine congiunturale trimestrale, realizzata da Confindustria Piemonte, conferma la debolezza del comparto manifatturiero: il clima di fiducia peggiora ulteriormente rispetto alla rilevazione di settembre, lungo un trend negativo in atto ormai da 4-5 trimestri.

D’altra parte, trova conferma la buona tenuta del comparto dei servizi, dove le prospettive di breve periodo restando favorevoli.

Nel comparto manifatturiero si aggrava il tono sfavorevole delle aspettative su produzione e ordini, con indicatori al di sotto del punto di equilibrio tra previsioni di crescita e di contrazione dell’attività, in peggioramento di qualche punto rispetto alla precedente rilevazione. Le indicazioni delle imprese sono pienamente in linea con la fase di stagnazione descritta dai più recenti dati sull’economia italiana: PIL, produzione industriale, costruzioni, consumi. Le previsioni sull’export sono improntate a una sostanziale stabilità. Peggiora ulteriormente la redditività. Sostanzialmente stazionari i livelli occupazionali; è tuttavia significativo che dopo quasi 5 anni l’indicatore ritorni, sia pure di poco, al di sotto del punto di equilibrio. In coerenza con l’indebolimento delle proiezioni sull’occupazione, sale leggermente il ricorso alla CIG: certamente, l’indicatore rimane lontano dai livelli toccati durante le fasi di crisi, ma negli ultimi 12 mesi è raddoppiata la percentuale di aziende che prevedono di fare ricorso a questo strumento. Relativamente confortante è la tenuta di tre indicatori a consuntivo. Il tasso di utilizzo degli impianti rimane attestato su livelli elevati, prossimi al pieno utilizzo. La quota di imprese con significativi programmi di investimento, pur non elevata in prospettiva storica, non diminuisce in misura rilevante, come era accaduto in precedenti fasi recessive. Infine, rimane contenuta la quota di imprese che segnalano ritardi nei pagamenti.

A livello settoriale soffrono in particolare tessile, automotive, metallurgia ed edilizia col suo indotto. Attese negative anche nella gomma-plastica. Peggiorano in misura sensibile le attese del comparto metalmeccanico. Desta preoccupazione il forte deterioramento del clima di fiducia della meccanica strumentale: un settore che a settembre aveva invece espresso attese di crescita di produzione e ordini. Tra i settori anticiclici, reggono chimica e manifatture varie: il clima è tuttavia assai più cauto rispetto a settembre, con indicatori non lontani dal punto di equilibrio. Bene l’alimentare, tenendo conto delle stagionalità negative solitamente associate al primo trimestre. Qualche segnale di stabilizzazione dal cartario-grafico, uno dei comparti più colpiti dalla crisi.

Non si chiude la forbice tra piccole e grandi imprese. Le piccole imprese (meno di 50 addetti) esprimono valutazioni decisamente sfavorevoli, con saldi in marcato peggioramento rispetto allo scorso trimestre. Più equilibrate le previsioni delle imprese di maggiori dimensioni (oltre 50 addetti).

A livello territoriale, il clima di fiducia peggiora in misura molto sensibile a Vercelli, Asti, Cuneo e nel Canavese. Resta molto problematico in quadro di Biella. Ad Alessandria e Novara le attese rimangono favorevoli, anche se con toni più prudenti rispetto a settembre. A Verbania prevalgono come nei mesi scorsi previsioni sfavorevoli, ma il pessimismo si attenua.

Nel Torinese la rilevazione di dicembre non mette in luce discontinuità di rilievo rispetto alla rilevazione precedente. Mentre a settembre Torino era tra le aree più colpite dal rallentamento, oggi gli indicatori piemontesi e torinesi sono quasi sovrapponibili per effetto del peggioramento osservato a livello regionale. Nel settore manifatturiero, le attese delle aziende torinesi rimangono negative, con indicatori del tutto allineati a quelli di tre mesi fa. Stabile il tasso di utilizzo degli impianti. Stabili anche i livelli occupazionali, ma il ricorso alla CIG aumenta di tre punti percentuali. Peggiora in misura sensibile la redditività. Nel comparto dei servizi, anche nell’area torinese prevalgono previsioni favorevoli su produzione e ordini.

Nel terziario il quadro delineato dalla nostra indagine è decisamente diverso. Come negli scorsi trimestri, la maggioranza delle imprese si attende per i prossimi mesi una ulteriore crescita di produzione e nuovi ordinativi. Il tasso di utilizzo delle risorse aziendali è superiore all’80%. Si rafforza la redditività. Restano espansive le attese occupazionali, mentre l’utilizzo degli ammortizzatori sociali è praticamente nullo. In lieve accelerazione gli investimenti.

Tra manifattura e servizi si accentua dunque un’asimmetria piuttosto anomala che, peraltro, ha molti esempi analoghi in altri paesi europei (e non solo europei). Tra le possibili spiegazioni, vi è certamente anche una composizione del portafoglio ordini più sbilanciata verso il lungo periodo: oltre un terzo delle imprese hanno ordini per più di 6 mesi (nel manifatturiero la percentuale scende al 12%). Va comunque tenuto conto della ampia varietà di servizi oggetto della nostra rilevazione: ICT, logistica, turismo, servizi alla persona, servizi professionali e di consulenza, ecc.

L’ottimismo è diffuso a quasi tutti i comparti terziari. In particolare, esprimono valutazioni molto simili le aziende dei comparti Ict, servizi all’impresa, servizi alla persona, logistica, utilities; più caute solo le imprese del comparto turistico e del commercio.

Abbiamo incluso nell’indagine di questo trimestre alcune domande sugli effetti dei dazi e sui pericoli del protezionismo. Un quarto delle imprese intervistate ritiene che i dazi introdotti dagli Stati Uniti (acciaio, alluminio, agroalimentare) e più in generale le tensioni commerciali degli ultimi anni abbiano avuto un impatto di rilievo sulle strategie aziendali. Il 46% pensa invece che non vi siano state ricadute dirette; il 28% non è in grado di esprimere una valutazione. Tra coloro che hanno espresso valutazioni più articolate, l’effetto di gran lunga prevalente è l’aumento dell’incertezza, citato dal 22% delle aziende rispondenti; incertezza che condiziona inevitabilmente le strategie di più lungo periodo. Poco rilevanti, almeno fino a oggi, le ricadute più dirette sulle strategie commerciali, le decisioni di investimento nel breve termine, la distorsione dei meccanismi concorrenziali.

Il rischio di un’escalation delle guerre commerciali globali viene definito “rilevante” dalla maggior parte delle nostre imprese. Poco meno di un terzo dei rispondenti ritiene che le guerre commerciali potrebbero danneggiare direttamente la propria impresa. Un ulteriore terzo valuta invece che vi possano essere ricadute negative a livello sistemico. Solo il 6% pensa che il rischio sia “astratto o remoto”, mentre il 2% ritiene che possano aprirsi nuove opportunità di business. Un terzo dei rispondenti ritiene comunque che allo stato attuale non sia possibile dare un giudizio.

Il giudizio sulle strategie di risposta a nuove tariffe doganali è molto netto. L’opzione protezionistica (introduzione di dazi ritorsivi) è ritenuta adeguata da un numero marginale di imprese (7%). Di gran lunga prevalente è la convinzione che le risposte giuste siano quelle di stampo liberista. La definizione di accordi di libero scambio con altri paesi (es. Cina, Canada, Mercosur) viene citata dal 46% delle imprese. La intensificazione delle pressioni politiche, senza introdurre dazi ritorsivi viene menzionata dal 25% delle risposte. Il 21%, infine, ritiene importante rafforzare le istituzioni internazionali come il WTO.

«Il nostro sondaggio di dicembre – commenta Fabio Ravanelli, Presidente di Confindustria Piemonte – accentua le preoccupazioni per la tenuta del settore manifatturiero piemontese, che avevamo già espresso nei mesi scorsi. Certamente, non si tratta per ora di chiari segnali di crisi o recessione. Piuttosto di scricchiolii che non vanno sottovalutati, soprattutto perché anche nei prossimi mesi il contesto in cui le nostre imprese dovranno muoversi non sarà favorevole. Incertezze globali, come quelle derivanti dalle crescenti pressioni protezionistiche, si intrecciano a elementi più specifici che interessano da vicino il nostro Paese e la nostra regione: primo tra tutti, le dinamiche, ancora difficilmente valutabili, del settore automotive».

Marilena Bolli, vice presidente UIB con delega all’Economia di Impresa: «Da troppo tempo, ormai, le prospettive degli imprenditori risentono dell’incertezza e della mancanza di uno scenario di medio periodo che sia stabile. Senza certezze, gli investimenti risultano inevitabilmente frenati e i progetti di più ampio respiro, spesso, vengono rimandati. Gli scenari nazionali e internazionali sono sempre più complessi e in continua trasformazione. Detto questo, le imprese biellesi non si fermano. Il tessile, alla prova delle prossime fiere internazionali, avrà un’importante vetrina e, in generale, il tessuto imprenditoriale locale si conferma come resiliente e pronto alla sfida con i competitor internazionali, forte dei suoi tratti distintivi: sostenibilità, innovazione, tradizione. In generale, per il 2020 le imprese attendono una strategia di riforme strutturali in grado di innalzare il potenziale di crescita dell’economia, che passi dall’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro e dall’innovazione, rafforzando il Piano 4.0 soprattutto nell’ottica della sostenibilità».

Riportiamo in dettaglio i principali risultati dell’indagine.

Comparto manifatturiero.

Per le oltre 900 aziende del campione, restano negative le attese su produzione, ordini, occupazione ed export per il primo trimestre 2020.

In particolare il saldo sulla produzione totale passa da -1,5% a -7,3% e quello sugli ordinativi totali da -4,9% a -7,1%. Rallentano anche le attese sull’export, che passano da -0,1% a -1,2%. Negative anche le previsioni sull’occupazione, il cui saldo passa da +2,1% a -0,8%.

Resta forte la correlazione tra produzione e propensione alle esportazioni. Le medie esportatrici, che esportano tra il 30 e il 60% del fatturato, sono quelle meno pessimiste per il prossimo trimestre (saldo -4,3%); seguono le grandi esportatrici, che esportano oltre il 60% del fatturato, con saldo ottimisti pessimisti pari -6,2% e quelle che esportano da zero al 10% del fatturato (saldo -8,3%). Le più pessimiste sono quelle che vendono all’estero meno del 10% della produzione, (saldo -10,4%).

Rimane ampio il divario tra la performance delle imprese con oltre 50 addetti e quelle più piccole, con saldi rispettivamente pari a -0,6% (era 3,4% a marzo) e -10,7% (era +4,2%).

Aumenta di quasi due punti il ricorso alla CIG, che interessa ora il 14,8% delle aziende, una percentuale in lenta crescita negli ultimi trimestri.

Si riducono le aziende con programmi di investimento di un certo impegno, che passano dal 24,9% al 23,3%. Stabile il tasso di utilizzo della capacità produttiva, che si attesta al 74% un valore appena al di sotto della media pre-crisi. Poche variazioni nella composizione del carnet ordini, in particolare il 21,5% delle aziende ha ordini per meno di un mese, il 48,4% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 17,8% per 3-6 mesi, l’12,3% per oltre 6 mesi.

La media complessiva dei tempi di pagamento è di 82 giorni; sale a 91 giorni per la Pubblica Amministrazione, in calo significativo rispetto ai livelli prevalenti di 4-5 anni fa. È fornitore degli enti pubblici circa il 18% delle aziende manifatturiere. In calo il numero di imprese che segnalano ritardi negli incassi (27,2%).

A livello settoriale il saldo delle imprese metalmeccaniche è fortemente negativo (dal -0,9% al -9,1%). Le aziende non metalmeccaniche esprimono attese ancora negative, passando dal -1,9% al -6,3%. Preoccupa la battuta d’arresto di macchinari e apparecchi (da +8,5 a -5,3%), metallurgia (da -10,3 a -25,0%) e automotive (da -2,9% a -7,8%). Frenata per l’industria elettrica ed elettronica (da 0,0% a -3,6%). Tra gli altri comparti manifatturieri, spicca l’andamento ancora positivo dell’alimentare, nonostante la prevista, leggera battuta d’arresto dopo il picco natalizio (da +12,0% a +3,5%) e la buona tenuta di chimica (da +5,3% a +3,4%), manifatture varie (da +11,0% a +2,5%). Gelata per legno (da +7,1% a -12,5%), gomma-plastica (da -1,9% a -7,5%) ed edilizia (da -10,0% a -16,9%). Resta profonda la crisi del tessile, soprattutto biellese (che passa dal -12,1% al -18,5%). Leggero rimbalzo per impiantisti (da-22,9% a +6,1%) e cartario-grafico (da -2,5% a +2,8%).

A livello territoriale, il clima di fiducia peggiora sensibilmente a Vercelli (da -5,0% a -16,3%), Asti (da-3,2% a-13,5%), Cuneo (da +5,1% a -7,2%) e Canavese (da +25,9% a +31,3%). Resta profonda la crisi di Biella, dove il saldo ottimisti pessimisti, è negativo da un anno (-14,2% il saldo ottimisti-pessimisti). Ancora negative le previsioni a Torino (da -8,1% a -5,4%) e Verbania (da -14,3% a -4,2%). Attese ancora favorevoli ad Alessandria (da +10,7% a +2,3%) e Novara (da +7,1% a +3,2%).

Comparto dei servizi

Le oltre 300 aziende del campione esprimono valutazioni positive, ben più ottimistiche rispetto al manifatturiero: quasi tutti gli indicatori registrano saldi positivi a due cifre.

In particolare, il saldo ottimisti-pessimisti sui livelli di attività resta decisamente positivo e passa da +19,8% a +18,5%), quello sull’occupazione passa da +18,5% a +16,3%. Positivo anche il saldo per ordini totali, che passa da +16,1% a +17,9%.

Aumentano le imprese con programmi di investimento di un certo rilievo (da 22,0% a 25,8%).

Andamento positivo per tasso di utilizzo delle risorse (83%), mentre è quasi nullo il ricorso alla CIG, attestato allo 1,6%, in aumento di un punto percentuale rispetto a settembre.

Qualche variazione per la composizione del carnet ordini. Il 10,4% delle aziende ha ordini per meno di un mese, il 35,4% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 17,9% per 3-6 mesi e il 36,4% per oltre 6 mesi. Da notare che il portafoglio ordini oltre i 6 mesi è considerevolmente più ampio nel terziario rispetto al manifatturiero (dove supera di poco il 10%).

Stabili i tempi di pagamento. La media è di 69 giorni: il ritardo sale a 82 per la Pubblica Amministrazione, con cui ha rapporti di fornitura circa il 45% delle aziende del campione. Il 31% delle imprese segnala ritardi negli incassi.

c.s.

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