In piena crisi climatica e con la siccità che quest’anno morde più di altre estati, la nascita di un consorzio unico per la gestione dell’acqua è senz’altro una buona notizia. L’Autorità d’ambito (ATO) che sovrintende alla gestione dei servizi idrici territoriali ha finalmente dato l’imprimatur al procedimento amministrativo che, entro il 2023, darà alla luce il nuovo soggetto giuridico.
In questo modo, con il conseguente affidamento “in house” del servizio, i territori di Biella, Valsesia, Vercelli, Casale e Valenza, oltre a mantenere in mano pubblica la gestione della preziosa risorsa liquida, potranno puntare al raggiungimento di importanti economie di scala, che avranno come ricaduta, altrettanto fondamentale, una serie di investimenti sulla rete idrica per ridurne gli sprechi, in termini di dispersione d’acqua (circa il 12% di quella immessa nella rete).
La cattiva notizia è che per arrivare a questo punto ci sono voluti quattro lunghi anni. In poche parole, si poteva fare tutto molto prima. Al di là delle tempistiche, e volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, per una volta va riconosciuta una buona parte di merito allo Stato. Lo ha sottolineato, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri mattina a Vercelli, il docente universitario Luca Geninatti Satè. Il cattedratico vercellese sta seguendo sul versate giuridico la “gestazione” del nuovo ente e, contemporaneamente, sta mettendo mano al piano industriale che dovrà diventare la stella polare del nuovo consorzio.
«La materia è regolata con molta precisione dalla legge – ha puntualizzato Geninatti Satè -, che prescrive tempi e modi per arrivare all’affidamento del servizio ad un gestore unico. Il compito di individuare questo gestore spetta all’ATO, l’Autorità d’ambito territoriale, in pratica ai Comuni interessati».
Nel Biellese il tasso di dispersione è ancora molto alto (anche se decisamente meno drammatico che in altre zone della Penisola), nonostante le tre dighe presenti sul territorio, che sono utilizzate in prevalenza per sopperire alla richiesta di acqua potabile, dal momento che spesso le falde acquifere sono inquinate, quindi inservibili.
Ogni anno, sul nostro territorio, si sprecano 15 milioni di metri cubi d’acqua a fronte dei 45 milioni totali distribuiti. In questo senso, la nascita del gestore unico diventa dirimente, scongiurando anche lo spauracchio rappresentato dai privati, portatori evidentemente di interessi confliggenti con quelli che afferiscono ad una risorsa vitale per la collettività.
Mantenere invece il futuro gestore in mano pubblica attraverso l’affidamento in house permette, oltre all’ottimizzazione di servizi e risorse, di preservare gli attuali livelli occupazionali e di contenere gli aumenti tariffari in bolletta.
Alla conferenza stampa di ieri era presente anche Gabriele Martinazzo, presidente di Cordar Biella, che così ha commentato l’operazione che porterà al gestore unico: «Ritengo che l’Autorità d’ambito debba assumersi la responsabilità di dare attuazione all’indicazione chiara pervenuta dagli oltre 170 Comuni del territorio, che hanno espresso in modo inequivocabile la volontà di mantenere la gestione del servizio idrico in house, e pertanto in mano interamente pubblica».