Covid-19 e Fase 2. Sciacalli “made in Biella” per un maledetto pugno di click

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Alla voce “sciacallo” del vocabolario Treccani, nell’accezione “figurata” del termine, si legge:

«Persona che approfitta delle altrui sventure per rubare; in particolare, chi, in occasione di cataclismi o eventi bellici, saccheggia case e luoghi abbandonati, deruba cadaveri o persone indifese; anche chi, nei sequestri di persona, si inserisce con false promesse nelle trattative per trarne profitto; talvolta, più genericamente, persona avida, profittatrice».

Ed è proprio l’avidità, a scatenare nella mente dello sciacallo il killer instinct. L’inebriante odore dei solidi, che siano contanti o che lo passano diventare attraverso uno, cento, mille, diecimila click grazie alle inserzioni pubblicitarie di Google AdSense e/o piattaforme equipollenti.

Era di tempi dell’uomo incinto che non ne sparavano una altrettanto grossa.

Balle spaziali!!!

D’altra parte – si sa – il lupo perde il pelo ma non il vizio. È solo questione di tempo, prima o poi ci ricascherà: psicologia e psichiatria, su questo, sono abbastanza concordi. La letteratura (scientifica e non) conferma e rilancia, se del caso.

Era dai tempi dell’uomo incinto che non rischiavano di essere interpellati dal comitato etico dell’Ordine dei Giornalisti di Torino per rendere conto delle loro panzane. Allora, con diversi colleghi, se ne parlò in diverse occasione. Poi, come spesso accade, ognuno tornò alle proprie scrivanie, ai propri pc e non se ne fece nulla. Chissà questa volta…

Gli sciacalli non sono solo a Roma. L’ultimo, in ordine cronologico, a fregiarsi del titolo, ostentandolo col petto rigonfio d’orgoglio, è l’indecente Matteo Renzi, che giusto ieri, al Senato della Repubblica, è riuscito nell’impresa da consumato medium (Eusapia Palladino scansati proprio… ) di far parlare i morti: «Pensiamo di onorare quella gente di Bergamo e di Brescia che non c’è più e che, se avesse potuto parlare, ci avrebbe detto: “Ripartite anche per noi”, avendo fatto della vita, in tutti i momenti, un’occasione di sacrificio e di fatica».

Ora, se non fosse che fare politica sulla pelle dei nostri morti è un atto semplicemente CRIMINALE, verrebbe da chiedersi cosa ci faccia ancora in Parlamento teppa del genere… E parliamo, comunque, solo dell’ultimo di una sequela di scempi ai quali abbiamo dovuto assistere dalla comparsa della pandemia nel nostro già sciagurato Paese.

Per le altre inenarrabili e imperdibili perle di acume, visione, strategia politico-economica (sulla base di competenze scientifiche tanto diretta quanto ineffabili) e quant’altro di affatto edificabile rivolgersi al semprepessimo Salvini, all’isterica sorellina Meloni e manutengoli vari. Da Roma fino all’ultimo dei consiglieri comunali e/o presidenti di Consorzio…

Era dai tempi dell’uomo incinto che non la facevano così platealmente fuori dal vaso, si diceva. Questa volta però, non hanno inventato nulla. Si sono limitati a copiare di sana pianta quello che scriveva La Stampa, La Busiarda, come fu soprannominata in tempi non sospetti la testata di casa Agnelli-Elkann.

Nemmeno da dire che sulle colonne del giornalone torinese la narrazione mediatica della crisi da SARS-CoV-2 non appare delle più limpide, anzi alquanto ondivaga, fluttuante. Forse sulla base di interessi economici e politici (lo scambio di “figurine dei calciatori” tra Repubblica e La Stampa stende più di qualche ombra…) che afferiscono ad ambienti sui quali sarebbe qui inopportuno dilungarsi.

Ripartizione dei contagiati per provincia 30/04/2020 aggiornamento ore 17 in allegato al decreto del ministro della Salute Roberto Speranza

Proprio ieri, giovedì 30 aprile, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato il decreto che definisce i criteri di monitoraggio per la Fase 2. Sono tre gli indicatori enumerati dal ministero e considerati valori-soglia per l’allerta e una eventuale riconfigurazione delle “zone rosse” sul territorio nazionale.

Dal numero di tamponi a quello dei soggetti positivi, al livello di saturazione delle terapie intensive. Dalla lettura combinata di questi tre “paletti” potrebbe scattare l’inasprimento delle misure di contenimento del Covid-19 e, di conseguenza, una nuova fase di lockdown all’interno di quei territori.

Non basta. Oltre ai tre indicatori principali, ne esistono altri 20 (VENTI) da tenere sotto controllo costante, come ad esempio il numero di casi sintomatici notificati per mese, in cui è indicata la data di inizio sintomi con storia di ricovero in ospedale. Ancora, rispetto alla capacità di accertamento diagnostico, il decreto prevede tra l’altro il monitoraggio della percentuale di tamponi positivi e il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi.

Mentre per la tenuta dei servizi sanitari, sarà invece cruciale il monitoraggio del numero di casi riportati alla Protezione Civile negli ultimi 14 giorni, il valore R0, il numero di nuovi focolai di trasmissione, il numero di accessi al pronto soccorso e il tasso di occupazione dei posti letto totali di terapia intensiva per
pazienti COVID.

Molto preciso e cadenzato il timig dei monitoraggi. Una classificazione aggiornata del rischio per ciascuna Regione deve infatti essere formulata e comunicata al dicastero della Salute almeno settimanalmente. Il Ministero della Salute, tramite apposita cabina di regia, che coinvolgerà le Regioni e l’Istituto Superiore di Sanità, raccoglierà le informazioni necessarie per la definizione del rischio e realizzerà una classificazione settimanale del livello di una possibile trasmissione non controllata e non gestibile di SARS-CoV-2 nelle Regioni.

Per i vari indicatori da monitorare il decreto fissa, dunque, un livello di “soglia” ed uno di “allerta”. Per i tamponi, ad esempio, la soglia accettabile è il trend di diminuzione in setting ospedalieri e pronto soccorso e il valore predittivo positivo dei test stabile o in diminuzione.

È invece considerata “allerta” se il trend è in aumento e anche il valore predittivo positivo è in aumento. Rispetto ai soggetti asintomatici ricoverati, un “valore di almeno 50 con trend in miglioramento sarà considerato accettabile nelle prime 3 settimane dal 4 maggio”. Si passa invece alla cosiddetta “allerta” se il
valore è inferiore a 60.

Quanto al numero di casi, si rientra nella soglia accettabile se sono in diminuzione o stabili, scatta invece l’allerta se sono in aumento negli ultimi cinque giorni. Un precisazione IMPORTANTE arriva dall’allegato al decreto: “Nei primi 15-20 giorni dopo la riapertura è atteso un aumento nel numero dei casi”.

Infine, si sarà nella soglia se l’indice di contagio R0 è inferiore a 1 in tutte le Regioni, mentre scatta l’allerta se è superiore a 1 o non calcolabile.

Queste, ad oggi, sono le uniche informazioni REALI disponibili.

E Buon Primo Maggio a tutti!!!

 

 

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