Cinema. “Avengers: Endgame”, per la Disney una buona occasione… persa

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Qualcuno mi aveva detto che la parte migliore del film sono gli ultimi 10 minuti. E aveva ragione. Non solo, io oserei dire che gli ultimi 10 minuti sono la parte davvero godibile del film, dopo più di due ore che arrancano minuto dopo minuto.

Purtroppo Infinity War è stato qualcosa di troppo bello per essere vero, un sogno dal quale Endgame ci ha svegliato bruscamente e senza pietà. I fratelli Russo devono aver fatto uno sforzo troppo intenso nella precedente pellicola, finendo per mollare del tutto le redini e lasciare che il peggio dei film Marvel fuoriuscisse come da un vaso di Pandora cinematografico.

Ma dunque, cosa non funziona? Tutto quanto direi.

A cominciare dal tono, che prende delle distanze enormi dal capitolo precedente. Se in Infinity War si percepiva tutto il dramma del pericolo imminente e inesorabile, prima, e della tragedia inevitabile, poi, in Endgame dobbiamo invece cercare tutto questo con il lanternino. Ci viene data giusto qualche immagine iniziale e frettolosa per rendere l’idea di un mondo ferito, e poi via, verso la soluzione quasi senza darci il tempo di rendercene conto.

Una soluzione che sembra troppo a portata di mano, facile, ovvia e non l’ultima possibilità per i nostri eroi di salvare miliardi di vite. Ci abbiamo messo dieci anni ad arrivare a Thanos e allo schiocco di dita: mi sarei aspettato una carica di tutt’altra portata in un film che dovrebbe chiudere un cerchio così imponente. E invece è tutto un tripudio di sorrisini, battute e situazioni comiche che incorniciano una missione più simile a una gita fuori porta che a una pericolosa battaglia con risvolti catastrofici.

Si parla di un viaggio potenzialmente senza ritorno, ma ci viene data l’idea di un’avventura da cartone animato.

Il peggio del peggio è dato da Thor, già rovinato in Ragnarok e qui definitivamente snaturato e demolito (probabilmente per mantenere fede alla già nota volontà dell’attore di dargli un tono più leggero). Penso di non aver mai provato un tale imbarazzo di fronte a così tante gag forzate e fuori luogo. Chris Hemsworth ha sulla coscienza la distruzione di un grande supereroe, che se ne renda conto o che creda piuttosto di aver dato “quel non so che” al personaggio.

La forza del film è data da ciò che ha alle spalle, ma soprattutto dai suoi assi nella manica, carte veramente succulente che fanno spiccare un salto notevole al pathos della trama, ma che finiscono per essere fiammate tanto intense quanto brevi. Un bel colpo di scena non può compensare una struttura che nel suo insieme traballa dall’inizio (nonostante io me li sia assai goduti, da buon fan Marvel).

In conclusione, Avengers: Endgame era sicuramente una pietra miliare tanto attesa quanto necessaria al lancio di una nuova fase per l’MCU. Ma è anche un’occasione persa di dimostrare che la Disney può puntare in alto invece di continuare a volare radente e che Infinity War non era solo un’eccezione.

Edoardo Dantonia

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