Biella. Primo maggio con dedica speciale ai lavoratori Brandamour da due mesi senza stipendio

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Per i lavoratori della Brandamour di Valle Mosso, oggi Valdilana, il primo maggio di quest’anno non è certo un giorno di festa. Da due mesi a questa parte, infatti, 100 dipendenti non ricevono lo stipendio e, cosa ancora peggiore, non hanno alcuna certezza sul futuro dell’azienda e quindi dei loro impieghi.

La tradizionale manifestazione con corteo, bande musicali, gonfaloni, sindaci (pochissimi…) e sindacati, è stata quasi un di più rispetto alla critica situazione dei lavoratori in stato di agitazione. A nome di tutti loro, sullo storico palchetto dei giardini Zumaglini, ha preso la parola e la scena Salvatore, assunto più di 30 anni fa alla “Luigi Botto”, questo il nome con il quale, sul territorio, è (ri)conosciuta l’attuale Brandamour. Ha raccontato ai tanti presenti, Salvatore, che alla fine degli anni ’90 erano in 700, poi, con la crisi, le ristrutturazioni e due fallimenti, il numero degli addetti è drasticamente calato, fino ai 100 “sopravvissuti” di oggi.

“Nel 2016 – ricorda l’operaio -, mentre stavamo vivendo sulla nostra pelle il secondo fallimento, nacque il progetto Brandamour. Finalmente, dopo molti anni, l’azienda tornava ad essere di proprietà di imprenditori biellesi fortemente radicati nel nostro territorio. Finalmente c’era una speranza, e tutti noi ci siamo messi nuovamente in gioco. Ma dopo meno di un anno l’ambizioso progetto sembrava non interessare più la proprietà. Da quel momento, le cose incominciarono a prendere una brutta piega. Nel 2018 ci fu una nuova ristrutturazione e altri tagli di personale, fino ad arrivare a 4 mesi fa. Da allora, e fino al giorno della nostra mobilitazione, l’azienda è stata pressoché abbandonata”.

A quel punto, un consulente esterno si presenta dai lavoratori solo per dire che non ci sono più soldi e che gli stipendi non sarebbero stati pagati. Gli operai, però, non ci stanno: dichiarano subito uno sciopero a oltranza, perché all’appello, oltre agli stipendi, mancano anche 6 mesi di copertura del fondo sanitario integrativo contrattuale e più di due anni e mezzo di versamenti alla previdenza complementare. Molti dipendenti investono mensilemente fino a 150 euro per integrare la pensione di domani.

“Peccato che i soldi venissero trattenuti, sì, ma non versati. Ora, dove sono finiti?”, si chiede Salvatore.

I lavoratori lo hanno chiesto a gran voce durante lo sciopero, nei cortei che hanno attraversato il nuovo Comune di Valdilana, e nel picchetto fuori dai cancelli della fabbrica. Ma nessuno ha dato una risposta. L’unica reazione arrivata dalla dirigenza sono state le dimissioni in blocco del Consiglio di Amministrazione e la nomina di un nuovo amministratore unico, che però continua a ripetere il solito refrain: “Non ci sono soldi”. Ma, d’altro canto, afferma di voler studiare un piano di continuità aziendale.

“Senza un forte investimento, come si fa a parlare di continuità aziendale? – si domanda ancora il rappresentante degli operai – Come si può pensare di ripartire con la produzione senza pagare i salari ai dipendenti?”

Dopo sei giorni di presidio, lo sciopero è stato sospeso con l’impegno da parte aziendale di richiedere al Ministero la Cassa Integrazione Straordinaria. “Ma da qui a quando ci arriverà la CIG (probabilmente a fine luglio, ndr), noi come vivremo? Come pagheremo le bollette, il mutuo, le mense scolastiche dei nostri figli? Dove prenderemo i soldi per fare la spesa?” conclude Salvatore.

Al momento, l’unica notizia positiva per i dipendenti della ditta di Valdilana è l’idea lanciata dai sindacati CGIL, CISL e UIL di creare un fondo coinvolgendo le associazioni di volontariato, l’UIB e gli enti pubblici. Un’idea che potrebbe concretizzarsi nel breve periodo, come auspicano gli operai della “Luigi Botto” e le loro famiglie.

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